Gran parte delle polemiche si sono concentrate sullo scontro tra Tito Boeri e il ministro degli Interni Matteo Salvini, a partire dal tema dei migranti. Ma nella sua relazione il presidente dell’Inps ha anche fornito il quadro aggiornato dei servizi forniti dall’Inps, in forma di pensioni e ammortizzatori sociali, non dimenticando di tracciare un identikit del lavoratore della gig economy – «non solo i famosi riders» – e fornendo un suo calcolo sulla possibile modifica della legge Fornero, tema di stretta attualità visti gli annunci (per ora rimasti tali) del governo.

Ricordando che l’ipotesi su cui si starebbe lavorando, la cosiddetta «quota 100», indica la somma tra anni di età e di anzianità contributiva utile eventualmente per l’ uscita, Boeri ha spiegato che «quota 100 pura costa fino a 20 miliardi all’anno, quota 100 con 64 anni minimi di età costa fino a 18 miliardi annui, che si riducono a 16 alzando il requisito anagrafico a 65 anni».

«Quota 100 con 64 anni minimi di età e il mantenimento della legislazione vigente per quanto riguarda i requisiti di anzianità contributiva indipendenti dall’età costa fino a 8 miliardi», ha concluso il presidente dell’Inps. Insomma, le varie ipotesi in campo peserebbero in modo sensibilmente diverso sulle casse pubbliche, e quella più sostenibile – almeno dal punto di vista strettamente finanziario – apparirebbe essere la terza.

Boeri si schiera contro la modifica della legge Fornero: «Ripristinando le pensioni di anzianità con quota 100 (o 41 anni di contributi) si avrebbero subito circa 750 mila pensionati in più» con un costo nella versione «pura», come detto, «fino a 20 miliardi all’anno». Non solo, secondo il presidente dell’Inps si ridurrebbe anche l’occupazione : «Sappiamo che ogni abbassamento dell’età pensionabile comporta anche riduzione dell’occupazione perché il prelievo contributivo aumenta e il lavoro costa di più», dice ricordando come l’esperienza degli ultimi anni abbia dimostrato una relazione con l’occupazione «molto sensibile a variazioni del cuneo fiscale e contributivo».

«Avremmo dunque non solo più pensionati, ma anche meno lavoratori, ciascuno dei quali con un fardello ben più pesante sulle proprie spalle», prosegue Boeri spiegando come ripristinare le pensioni d’anzianità significherebbe perciò «ridurre il reddito netto dei lavoratori». «In un sistema pensionistico a ripartizione come il nostro, i contributi di chi lavora servono ogni anno a pagare le pensioni di chi si è ritirato dalla vita attiva. Oggi abbiamo circa 2 pensionati per ogni 3 lavoratori. Questo rapporto è destinato a salire nei prossimi anni». No alla cancellazione della legge Fornero, insomma, ma «possiamo tuttavia permetterci una maggiore flessibilità». E ciò, sottolinea, «accelerando la transizione al metodo contributivo».

Quanto ai dati, sono oltre 5,5 milioni i pensionati che percepiscono un assegno lordo sotto i mille euro al mese (e attenzione: parliamo di lordo): poco meno del 40% dell’intera platea di pensionati, pari a oltre 15 milioni 477 mila. Per quasi 3,5 milioni, invece, il reddito pensionistico oscilla tra i 1000 e i 1500 euro, il 22,3% del totale, mentre rappresentano il 18,1%, circa 2,8 milioni, quelli con una pensione tra i 1500 e i 1900 euro. Solo il 10,8%, pari a 1,6 milioni, percepiscono assegni tra 2 mila e 2.500, mentre in 875 mila, il 5,7%, denuncia un reddito da pensione tra i 2.500 e i 2.900 euro. Una pattuglia che sale a 1 milione e 113 mila pensionati, infine, quella che dichiara un reddito pensionistico da 3 mila euro e oltre.

Infine, un accenno ai lavoratori gig, divisibili in tre categorie secondo l’Inps: lavoro on-demand tramite app; il crowdwork, programmatori, freelance, informatici, professionisti; l’asset rental, l’affitto e il noleggio di beni e proprietà, come nel caso del proprietario di un appartamento in affitto su AirBnb che cura anche l’accoglienza e le pulizie finali. Secondo una indagine della fondazione Rodolfo Debenedetti sono da 137 mila (esclusivi) fino a 753 mila in Italia (inclusi chi lo fa come secondo lavoro), e i riders sarebbero solo il 10% del totale. Molti – le figure più sommerse e meno note – sarebbero pagati con rapporti del tutto informali, addirittura anche con buoni regalo o ricariche telefoniche.