La sonora bocciatura subita dal governo Renzi nella consultazione online sulla «Buona Scuola» ha prodotto una frenata nel Pd sulla riforma «meritocratica» degli scatti stipendiali degli insegnanti. A poche ore dalla sconfitta dei propositi «rivoluzionari» dell’esecutivo, che voleva imporre la maggiorazione degli stipendi solo al 66% dei docenti a turno ogni tre anni, il partito di maggioranza è stato costretto a tornare sui suoi passi per orientarsi su un non ancora precisato «sistema misto». Il criterio dovrebbe essere quello che mescola l’anzianità di servizio con la «meritocrazia», vale a dire la «produttività» del docente sul posto di lavoro secondo i criteri della valutazione neoliberale che costituisce il senso di una «riforma» che conosce un’imprevedibile battuta d’arresto.

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Stipendi. la scuola boccia la riforma Renzi sugli scatti di merito

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Il Pd si arrampica sugli specchi e respinge la critica del «dietrofront» su uno degli elementi più importanti della riforma sulla quale Renzi si è speso in prima persona. «Il Pd ha messo il cuore, la faccia e la testa nella consultazione sulla Buona Scuola – ha detto Francesca Puglisi, capogruppo in commissione cultura a Palazzo Madama – Terremo in considerazione quello che è emerso dai dati qualche giorno fa. Il sistema misto è quello che riscuote il maggiore consenso». L’affanno del partito del premier conferma che la consultazione si è trasformata in un boomerang. La riforma, che ha sollevato numerose obiezioni critiche da parte dei sindacati, dei precari, degli studenti e dei sostenitori della legge popolare «Lip» dovrà essere ripensata.
Dopo la débâcle, il partito di Renzi ha presentato una nuova bozza che dovrà passare al vaglio del Miur e della maggioranza, ma ha già sollevato gli strali dei custodi della «meritocrazia» di maniera in Forza Italia: l’ex ministro dell’Istruzione Gelmini e il suo ex sottosegretario Aprea. Già responsabili delle riforme e dei tagli colossali che hanno penalizzato gravemente scuola e università tra il 2008 e il 2010, riducendole ai minimi termini, le due esponenti della destra attaccano la mancanza di coraggio neoliberista del Pd e dei suoi alleati: «Sinistra conservatrice, agguerrita e retrogada». Gelmini rincara la dose e conferma la sua contrarietà all’assunzione dei 148 mila precari dalle graduatorie in esaurimento: «La scuola non ne ha bisogno per assolvere la sua funzione. Non consentiremo che i tre miliardi previsti dalla legge di stabilità per la buona scuola si investano esclusivamente per realizzare la più grande stabilizzazione di precari».
Per la destra i docenti devono restare precari per sempre, per espiare tutti gli errori e gli arbitri commessi dai governi di destra e di sinistra negli ultimi vent’anni. Per loro, invece, Renzi propone un’assunzione condizionata a criteri di produttività, oltre che alla richiesta di mobilità e di adesione ai valori del «preside manager».Senza contare che dalla platea ha escluso circa 100 mila docenti e personale Ata che avrebbero diritto all’assunzione dopo la sentenza della Corte di giustizia Ue.
Nello scontro tra il Pd e i suoi partner di governo nell’esecutivo «larghe intese» presieduto da Enrico Letta fino all’inizio del 2014 emerge un elemento che potrebbe far scoppiare la pace. Si tratta dell’ipotesi del «docente esperto», una figura prevista nel disegno legge Aprea del governo Berlusconi. Secondo la bozza del Pd il 15-25% dei docenti potranno accedere a questo ruolo tramite formazione e una specie di concorso. Alla fine potranno aspirare al ruolo di «preside manager».