Non è bastata la lettera inviata una settimana fa a tutti i senatori dal presidente dell’Unione delle camere penali, Gian Domenico Caiazza, per spiegare loro perché avvocati e giuristi considerano l’interruzione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio (anche in caso di assoluzione), inserita nel ddl anticorruzione che diventerà legge probabilmente la prossima settimana, «una bomba atomica» sul sistema, come l’ha definita perfino la leghista Giulia Bongiorno.

Né è bastato il parere del Consiglio superiore della magistratura che ha avvisato il governo dell’inutilità di questa controriforma senza rimettere mano all’intero sistema. Ancora ieri, dalle colonne del Corriere della Sera, il ministro di Giustizia Alfonso Bonafede ha ripetuto che su questa garanzia, necessaria in un processo penale come il nostro, non sente ragioni e andrà avanti come un treno.

Ecco perché lunedì e martedì prossimi gli avvocati penalisti italiani si asterranno di nuovo dalle udienze e da ogni attività giudiziaria, tranne che per i processi a rischio prescrizione o con imputati detenuti.

Una protesta che si concluderà martedì 18 con una manifestazione nazionale presso l’Università di Bari dal titolo «Per il diritto alla ragionevole durata del processo», per sottolineare «i plurimi profili di irrazionalità e di incostituzionalità» della controriforma voluta dal M5S.

Anche l’Associazione nazionale dei magistrati (seppure non contraria al blocco della prescrizione) è tornata a chiedere al Guardasigilli di ascoltare le loro richieste: «Con gli avvocati penalisti ci siamo trovati d’accordo su una serie di possibili interventi – ha spiegato ieri il presidente Francesco Minisci – come il rafforzamento dei riti alternativi e una seria depenalizzazione, della quale abbiamo discusso anche con il ministro Bonafede».

Ma sul no alla depenalizzazione di reati che, come spiega l’Anm, servono solo ad «affollare le scrivanie e distogliere le energie dai procedimenti seri e di maggior allarme», grillini e leghisti sono in perfetta sintonia.