Il portavoce militare parla di un attacco ai soldati israeliani portato all’improvviso da una decina di «miliziani palestinesi armati», di altri «attacchi con sassi, molotov e ordigni esplosivi improvvisati» e di «una vera battaglia durata tre ore». Eppure al termine di questo ampio attacco armato, che sarebbe avvenuto ieri mattina prima dell’alba nel campo profughi di Qalandiya, i morti e i feriti sono stati solo palestinesi: Laith Manasra, 20 anni, e Ahmad Abu al-Aish, 28. Un ragazzo 17enne Yusuf Abu Latifa, anch’egli coinvolto secondo il portavoce militare negli scontri a fuoco, versa in condizioni disperate. Gli abitanti del campo profughi hanno una versione dell’accaduto diversa. Non negano che i due uccisi fossero armati ma, dicono, l’esercito israeliano ha schierato in anticipo numerosi cecchini nella zona circostante a quella dove un bulldozer militare ha poi demolito la casa della famiglia di Mohammed Abu Shahin, un palestinese accusato di aver ucciso a giugno un israeliano. Quando i palestinesi, alcuni dei quali membri delle Brigate dei Martiri di al Aqsa, hanno provato ad intervenire, i tiratori scelti hanno colpito e ucciso subito due di loro. Questo perchè, aggiungono ancora gli abitanti di Qalandiya, le Brigate dei Martiri di al Aqsa – gruppo armato del movimento Fatah, riapparso con la nuova Intifada a inizio ottobre – per due volte nei giorni scorsi avevano impedito la demolizione della casa di Abu Shahin che i militari israeliani intendevano compiere ad ogni costo. Ieri migliaia di persone hanno portato a braccia le salme, da Ramallah fino nel campo profughi dove sono divampati nuovi scontri con i soldati in cui sono rimasti feriti altri otto palestinesi.

 

Israele nega con forza che queste uccisioni, che in alcuni periodi diventano quotidiane, le demolizioni di case, la confisca di terre palestinesi, la colonizzazione e l’occupazione siano un fattore di tensione, la ragione dell’Intifada di Gerusalemme. Per questo ieri il governo Netanyahu ha attaccato, definendole «sconvolgenti per la loro sfrontatezza», le dichiarazioni della ministra degli esteri svedese Margot Wallstrom secondo cui gli attentati di Parigi vanno collegati all’insieme di frustrazioni maturate in Medio Oriente, «non ultime quelle palestinesi». Per il portavoce del ministero degli esteri israeliano, Wallstrom «mostra vera ostilità nell’indicare l’esistenza di un legame qualsiasi fra gli attentati di Parigi» e la questione israelo-palestinese. Wallstrom, che nei mesi scorsi non ha mancato di rivolgere pesanti critiche anche ai sauditi, ha chiarito di non aver messo in relazione gli attacchi dell’Isis in Francia con quanto accade nei Territori occupati ma di aver voluto soltanto sottolineare i problemi enormi che affliggono la regione mediorientale , a cominciare da quello palestinese. Al governo israeliano però non è bastato. Tra Tel Aviv e Stoccolma i rapporti sono tesi da quando il governo svedese, primo e unico in Europa, ha formalmente riconosciuto lo Stato di Palestina.

 

Se per il governo israeliano è osceno creare un legame tra il terrorismo che ha colpito in Francia e l’occupazione dei Territori palestinesi, invece è legittimo descrivere l’Intifada come una espressione del jihadismo globale. Un’equazione fatta dallo stesso premier Natanyahu e condannata ieri dalla signora Hanan Ashrawi, del Comitato esecutivo dell’Olp. «Quelle parole pronunciate da Netanyahu – ha commentato Ashrawi – sono volte a creare un clima per giustificare il terrorismo di stato che Israele pratica contro il popolo palestinese. La realtà è che Israele è una potenza occupante e gli israeliani che si trovano nei Territori occupati sono soldati o coloni che si insediano nella nostra terra…Netanyahu sa bene che in nessun posto il popolo sotto occupazione è ritenuto responsabile per la sicurezza degli occupanti». Del clima che si sta creando anche intorno ai palestinesi ne sa qualcosa Sami Abu Ras, 20 anni, del campo profughi di Nuseirat (Gaza), che ieri ha scoperto con sgomento che un giornale egiziano, Al Masry Al Youm, ha pubblicato il suo nome e la sua foto indicandolo come uno dei terroristi che ha compiuto l’attacco a Parigi. Abu Ras non ha neppure il passaporto palestinese e non è mai uscito dalla Striscia di Gaza.