L’itinerario di un giro turistico e gastronomico tra i luoghi della camorra nella Capitale, di un Roma camorra tour, starebbe dentro un quadrilatero che ai suoi vertici ha le centralissime piazza del Pantheon e piazza Sant’Apollinare, viale Giulio Cesare (nella ricca Prati) e via del Boschetto (nello storico rione Monti). E’ dentro questo spazio – stretto e pregiato – che il clan Contini ha costruito il suo impero milionario fatto da 23 frequentatissimi locali del centro, dalle famosissime pizzerie Ciro a ristoranti e gelaterie. Locali a un passo dai palazzi del potere che si alternano a quelli della dolce vita in mano alla ’ndrangheta. Il risultato di un processo di trasformazione inesorabile dell’economia romana che si consuma nel silenzio e nell’indifferenza generale. E con qualche complicità di troppo che, in questo caso, porta fin dentro il Viminale.

La conferma investigativa di uno scenario da tempo sotto gli occhi di tutti (e che pochissimi hanno voluto vedere) è arrivata ieri con un’operazione antimafia con numeri d’altri tempi: 90 arresti tra Napoli e Roma e sigilli a un patrimonio da 250 milioni di euro sull’asse Campania-Lazio-Toscana. Un blitz “macchiato” da un lutto: l’imprenditore 43enne Giuseppe Cristarelli, per sfuggire al mandato di cattura, s’è gettato dal quarto piano della sua abitazione di Roma Nord ed è deceduto sul colpo.

La cosca Contini è una potenza criminale con la testa a Napoli e ramificazioni economiche in tutta Italia. Il boss 58enne Eduardo Contini, faccia d’angelo, da piccolo rapinatore ha presto scalato il potere, complice anche un matrimonio “giusto” con una donna dei Mallardo, diventando un boss di primo livello tra i leader dell’Alleanza di Secondigliano, padroni della coca in arrivo dalla Spagna. Neppure l’arresto del 2007 ha scalfito il suo potere. A curare gli affari in Campania, soprattutto pompe di benzina, negozi di abbigliamento, compro oro e aziende immobiliari erano i Di Carluccio, un tempo legati ai Nuvoletta e oggi braccio economico dei Contini. A Roma e in Versilia, invece, per faccia d’angelo lavorano i fratelli Antonio, Luigi e Salvatore Righi, accusati di concorso esterno al clan.

La loro storia inizia con la piccola pizzeria Da Ciro, dal nome del capostipite oggi 80enne. Il grande salto è del 1983, grazie al sequestro del gioielliere Luigi Presta. È riciclando una parte dei soldi del riscatto che i Righi diventano “grandi”, comprano le pizzerie a Pisa e lo storico locale ex Fappani a Viareggio. Ed è con quel denaro che, nel ’97, sbarcano a Roma e organizzano «una vera e propria holding nel settore della ristorazione» che ha come punta di diamante le pizzerie Ciro e comprende anche Frijenno, Sugo, Il Pizzicotto e Ciuccula. Luoghi notissimi, frequentati anche da parlamentari, magistrati, attori. Locali gestiti, dice l’inchiesta, «con modalità illecite» che servono «al reimpiego e occultamento di ingenti risorse economiche di provenienza illecita».

Una holding nelle viscere della Capitale che opera grazie a personaggi ben introdotti nel mondo della finanza (tra loro, anche Mario Cardinale, 53 anni, incensurato), a professionisti opachi, licenze facili, disattenzioni diffuse su cui indaga la magistratura e che si serve della preziosa consulenza di un funzionario del ministero dell’Interno, di carriera prefettizia. Capacità e contatti che permettono ai Righi di giocare con il fuoco senza scottarsi: le indagini dimostrano che lavoravano anche per altri clan. Persino con i Mazzarella, nemici dei Contini. Un fatto importante, che aggiunge un altro pezzo al mosaico delle mafie a Roma.

Dopo lo shock di Nuova Alba su Ostia, gli arresti per l’omicidio di ’ndrangheta di Vincenzo Femia, i sequestri ai Mallardo, adesso il blitz contro i re delle pizze. Le inchieste ci consegnano un quadro preoccupante: Roma è una città di mafie, anche se ancora non lo accetta e non trova le energie per reagire. Un problema, grave. Da affrontare prima che sia troppo tardi. Intanto il mondo politico e istituzionale (con rarissime eccezioni) verga comunicati pieni di rituali parole di plauso alle forze dell’ordine e alla magistratura.