Alle 17.40 di fronte ai palazzi della Regione Emilia-Romagna un affaticato Franco Grillini, volto storico del movimento lgbtq, prende il megafono davanti a centinaia di manifestanti e rivolto alla sede dell’Assemblea regionale chiede al Pd di approvare subito la legge contro l’omotransfobia senza infilarci dentro «schifezze». Pochi minuti dopo, dentro quei palazzi e protetti da camionette e poliziotti, i consiglieri regionali di Lega, Fi, FdI e Sovranisti vengono applauditi dal loro popolo come i «coraggiosi» che «hanno spaccato il Pd» e che salveranno «la vera famiglia». Sta in queste due immagini il senso di quel che accade in Emilia-Romagna: un Pd diviso e incapace di approvare una legge attesa da anni, una destra abile nel cavalcare la situazione e, tra i due fuochi, i diritti lgbt.

A mandare in tilt il Pd è stato un emendamento dell’ala cattodem, disposta a discutere di diritti dei gay solo al prezzo di inserire nella nuova legge anti discriminazione una condanna della gestazione per altri (gpa), accostata agli abusi sui bambini e alle violenza sulle donne. Una mossa a sorpresa che ha fatto esplodere lo scontro nel partito su un tema divisivo e ancora controverso, bloccando l’iter che avrebbe portato dritto all’approvazione del testo. All’emendamento firmato da 9 consiglieri dem si è accodata la destra, incredula ed esultante per il successo politico. «Il no alla gpa è per noi ineludibile, siamo la vera sinistra e difendiamo i più deboli», hanno affermato i dem firmatari. «Così la legge diventerà una porcata, meglio non approvarla», è stata la risposta delle associazioni, Arcigay e Famiglie Arcobaleno in testa, che hanno partecipato alla stesura del testo originale. «Di gpa bisogna discutere ma non legare la questione alla difesa dei diritti delle persone lgbtq», ha detto da Roma la senatrice dem Monica Cirinnà, chiedendo ai suoi colleghi emiliano-romagnoli di accantonare ogni scontro interno. Per ora tutto inutile.

E così di fronte al palazzo della Regione si sono ritrovati in 300 con striscioni e cartelli. Arcigay, Famiglie Arcobaleno, Si, +Europa ma anche le donne del Pd. Inizialmente pensata contro il convegno che ieri a Bologna ha portato gli organizzatori del Wfc di Verona, la manifestazione è diventata un dito puntato anche contro il Pd e le sue divisioni. È stato anche diffuso un appello firmato da più di 100 dirigenti, eletti e militanti dem con la richiesta di una legge che «non penalizzi le donne e le comunità lgbt». Il presidente della Regione Bonaccini ha auspicato la fine delle polemiche «che fanno solo un regalo alle destre».
La partita resta aperta, e non si gioca solo sul merito. «Si dice che quello che sta succedendo dipenda anche da questioni congressuali? La vittoria di Zingaretti ha chiuso la questione, la linea è quella dei diritti», ha commentato la relatrice della legge Roberta Mori. Poi la promessa: «Il punto di equilibrio lo troveremo con le associazioni e le persone lgbtq, non senza di loro».