Aumentano i dubbi intorno alla nomina di Gian Carlo Blangiardo alla presidenza dell’Istat. Dopo le accuse da parte dei lavoratori Istat per l’eccessiva vicinanza alla Lega e per aver interpretato i dati demografici in chiave anti-abortista e anti-immigrazione, ora i dubbi si concentrano sul suo curriculum. In cui non tutto corrisponderebbe a verità. La denuncia è contenuta in un documento inviato dall’assemblea delle lavoratrici e dei lavoratori Istat a tutti i membri della commissione Affari Costituzionali, che la prossima settimana dovrebbe approvare la nomina con la maggioranza dei due terzi.

Uno dei requisiti del presidente Istat è l’esperienza internazionale. Da questo punto di vista, il profilo accademico di Blangiardo è piuttosto carente rispetto a quello di altri candidati alla nomina, che vantano anche un maggior numero di pubblicazioni su riviste in inglese. Blangiardo, in imbarazzo durante l’audizione del 5 dicembre in commissione, ha detto «Ho fatto delle cose, non le ho magari scritte, ma vi assicuro che le ho fatte». Il problema però non riguarda quello che nel cv manca, ma quello che c’è. Blangiardo, infatti, sostiene di ricoprire diversi incarichi in commissioni e gruppi di esperti nazionali e internazionali. La conoscenza della “macchina” delle statistiche della popolazione dovrebbe essere proprio il punto forte della sua candidatura.

Blangiardo sostiene di far parte del Government Expert Group on Demographic Issues of the European Commission. Peccato che il gruppo non esista più dal 2012. E non si tratta di una mancanza isolata. Secondo il curriculum, il demografo fa parte anche della Commissione Scientifica per la misura del Benessere Equo e Sostenibile. Ma anche questa commissione è stata sciolta anni fa.

Dall’Istat sottolineano la perdita di autorevolezza e di credibilità di un candidato che ha sottoposto «un curriculum non solo incompleto, ma addirittura falso». E ricordano che «nell’ambito di qualsiasi procedura di selezione pubblica presentare un curriculum riportante false attestazioni produce l’esclusione dalla procedura stessa». Tanta inaccuratezza nella documentazione dimostra che la valutazione dei candidati è stata «puramente formale», la ratifica di «una decisione già presa». Lo aveva fatto capire lo stesso Blangiardo, quando già a luglio dichiarò «è molto probabile che mi debba trasferire a Roma» dopo aver ricevuto una chiamata dal governo.

Che la nomina adesso sia in bilico lo conferma il calendario. La commissione aveva fissato il termine ultimo per il voto nel 13 dicembre. Invece il voto su Blangiardo potrebbe slittare anche oltre Natale.