È un avvocato anche Hawk Newsome che, con sua sorella Chivona Newsome, ex consulente finanziaria, e con l’etno-matematico Mario Banabe, è tra i fondatori di Black Lives Matter New York. Anche loro sottolineano l’importanza di ottenere nuove protezioni legali, come la necessità di difendere quelle esistenti.

«Quello che vogliamo fare è cambiare le leggi, parte tutto da lì – dice Chivona – Già quello che siamo riusciti a fare finora è storico. A giugno il governatore di New York Andrew Cuomo ha firmato l’abrogazione della sezione 50-a, che permetteva alla polizia di tenere segreti i documenti e i registri di cattiva condotta degli agenti. È un enorme passo avanti per la responsabilità della polizia nello Stato. Speriamo che continuando a lottare otterremo leggi che proteggano i cittadini e non la polizia.

Quali sono le vostre priorità?
Chivona: «C’è bisogno di stroncare il razzismo sistemico, il suprematismo bianco, c’è bisogno di ricodificare la sicurezza pubblica. Trump e il Gop hanno fatto un lavoro eccellente nel demonizzare il concetto di “definanziare la polizia”, che in realtà vuol dire reinvestire nelle comunità. La maggior parte delle volte in cui la polizia interviene lo fa in situazioni per cui non è preparata, come quelle riguardanti la salute mentale e invece c’è bisogno di persone preparate e per prepararle servono fondi. E questa è solo una delle battaglie legali che portiamo avanti, poi ci sono quelle che riguardano i diritti delle donne. Le donne nere a New York muoiono di parto 8 volte di più delle altre. Le battaglie per l’ambiente, visto che le disparità, ogni tipo di disparità inevitabilmente colpisce di più le comunità nere».

Avere leggi, quindi, è la vostra priorità.
Hawk: «Le promesse elettorali sono fugaci per definizione, ci serve di codificarle in leggi».
Qual è l’innovazione principale apportata da Blm in termini di organizzazione?
Chivona: «Onestamente non è cambiato molto dal modo in cui il movimento per i diritti civili, i sindacati, Malcolm X, mobilitavano le masse: bisogna sempre connettersi con le persone. Certo la tecnologia aiuta, l’infrastruttura è diversa, ma la prassi no. Le nostre azioni non sono casuali».

Può fare un esempio?
Hawk: «Quando abbiamo occupato il ponte di Washington è stato per attirare l’attenzione su una legge, la cosiddetta breathe bill per chiudere tutte le prigioni federali e i centri di detenzione per immigrati. Quando ci mobilitiamo sappiamo cosa vogliamo e attraverso quali processi legali possiamo ottenerlo».