Le rondini hanno costruito un nido, poco sotto il tetto. Anche se sono arrivate dopo e forse lasceranno prima la Casa di Accoglienza Straordinaria di Sicignano degli Alburni (Salerno) rispetto ai Black Lions. I leoni neri, ora conosciuti in Campania grazie ad articoli, interviste della cronaca locale. Oltre 20 ragazzi, tutti richiedenti asilo politico, scappati da sette Paesi africani (Burkina Faso, Ghana, Gambia, Guinea, Mali, Niger, Nigeria, Senegal) e arrivati nella struttura di accoglienza da 100 persone alla fine della loro personalissima odissea, con ultimo passaggio sulle coste salernitane. Qualche settimana fa si sono garantiti la promozione, il passaggio dalla Terza Categoria alla Seconda di calcio. Centro al primo colpo, caso unico sul territorio italiano, la prima squadra che prende a calci una sfera composta solo da migranti. Sono nati tra settembre e ottobre 2016 su iniziativa delle cooperative – Tertium Millennium, Il Sentiero, L’Opera di un altro – che si occupano, incaricate dalla Caritas di Teggiano, della gestione del centro di Sicignano e di altre strutture che ospitano i richiedenti asilo. Il logo sulle maglie – simili a quelle del Camerun – che mostra i colori panafricani, per un progetto che li tenesse occupati, impegnati, riversando in corsa, allenamenti, partite la volontà di fare un passo avanti. Integrazione e amicizia, sintesi che spesso sa creare solo lo sport. «È un progetto nato quasi per gioco – racconta Massimiliano Paglino, presidente dell’Associazione Black Lions -, provammo qualche tempo fa con una serie di amichevoli, l’obiettivo sin dall’inizio era coniugare sociale e integrazione e far arrivare il messaggio giusto alle persone, ovvero che questi ragazzi non rappresentano il male, non sono la causa dei problemi ma solo vittime di violenze e politiche sbagliate».
DON VINCENZO
I ragazzi scherzano tra loro, non intimiditi ma incuriositi dall’interesse che riscuote la loro storia. «I Black Lions, la loro storia sportiva e umana è l’esempio di quanto sia distorto il messaggio che gira in Italia sui migranti, che sfilerebbero solo soldi alla comunità – spiega don Vincenzo Federico, 20 anni alla Caritas di Teggiano, ora pezzo indispensabile dell’Unità di crisi messa in piedi dalla Prefettura e Questura di Salerno (Caritas, Digos, Carabinieri, Capitaneria di Porto, associazionismo), per accogliere i migranti che sbarcano nel porto del capoluogo campano -. e che invece rappresentano un’opportunità economica per tante aziende. Generano un enorme indotto. Questi ragazzi mangiano, bevono, dormono, consumano, chi produce cibo, vestiti, detersivi, se non aziende campane e italiane? Inoltre, in questa vicenda, oltre alle difficoltà che naturalmente porta con sé, ci sono umanità, voglia di andare oltre, collaborazione, tolleranza». Tutti ascoltano il parroco. Il clima è informale, gli occhi luccicano quando parlano di calcio. Dal Napoli all’Inter al Real Madrid vincitore dell’ultima Champions League. Ma arriva il momento di lasciare una traccia dei loro percorsi con destinazione Italia, Salerno, quasi sempre imperversati da violenze, sopraffazioni.
SEKOUNA
«Sono andato via dalla Guinea sette anni fa, il giorno di Natale – racconta Sekouna, una delle colonne della squadra, tifoso del Napoli, il suo sogno è andare in gol con il destro a giro, come Lorenzo Insigne -, prima Niger, poi Libia, Mali, durante la primavera araba. A Tripoli ero in un villaggio, c’era la caccia a Ghaddafi. Sono stato in carcere, ho subito violenze, scagliate addosso pietre, un incubo. Poi sono riuscito ad arrivare a Lampedusa per 44 giorni, 28 in Molise, prima di arrivare alla CAS di Buccino mi hanno ospitato in una struttura di Pontecagnano». Una famiglia, figli e rivedere la sua famiglia è il progetto di vita allungando lo sguardo oltre l’incertezza del presente, «ma voglio anche andare allo stadio San Paolo, a Napoli, per Napoli – Inter».
ISSA
Issa, 24 anni, dalla Burkina Faso, si era avvicinato al pallone dieci anni fa in Ghana. Il calcio era già il suo sogno, forse nel suo destino. Poi, la realtà è un pallone che torna sempre indietro, nonostante sia calciato con forza. Dal suo Paese al Niger, poi anche lui – come quasi tutti – in Libia, terra di lavoro, specie nel settore edile. Paghe basse, senza diritti, con pranzi e cene saltate. «Ho pagato 700-800 per un posto su un barcone, ne servivano 1200 per un posto più in alto sull’imbarcazione, eravamo in 105 – racconta Issa -, era tutto quello che avevo, in realtà mi sarebbe piaciuto restare in Libia ma la vita era davvero in pericolo. In Italia Crotone è stata la prima meta, ora sono qui, sto bene, vorrei provarci con il calcio ad alti livelli ma un passo alla volta: un lavoro, una vita dignitosa, senza mai dimenticate quello che ho, abbiamo vissuto». Tra i Black Lions c’è chi potrebbe costruire il suo futuro attraverso il pallone. Hanno già fatto storia, ma tra poco si riparte. Un nuovo campionato, una nuova sfida.