Qualcuno sarà sicuramente rimasto deluso quando i ricercatori dell’Event Horizon Telescope (Eht) in diretta mondiale hanno svelato la prima immagine di un buco nero. La macchia di luce dai bordi esterni irregolari intorno a un cerchio perfetto e nerissimo è meno suggestiva delle mille raffigurazioni a cui la computer grafica e il cinema di fantascienza ci hanno abituato.

Solo che stavolta è davvero una foto: si tratta, cioè, della radiazione che proviene direttamente dal centro della galassia «Messier 87», a 55 milioni di anni luce da noi. L’immagine è stata ottenuta grazie a uno straordinario sforzo scientifico e tecnologico che ha permesso di osservare un oggetto così lontano con un dettaglio impressionante, «sufficiente per leggere un giornale a New York da un bar di Parigi», come hanno raccontato i ricercatori. Le immagini che avevamo visto finora, invece, erano raffigurazioni di artisti basate su sole conoscenze teoriche.

IL RISULTATO COMBACIA perfettamente con quello che si aspettavano di osservare gli scienziati sulla base della teoria della relatività generale di Einstein, che dunque riceve un’ulteriore conferma. La luce che proviene dai dintorni del buco nero è emessa dalla materia che gli ruota intorno per il fortissimo campo gravitazionale. La macchia nera all’interno è l’ombra del buco nero: una stella che alla fine della sua esistenza, esaurisce le fusioni nucleari e collassa su se stessa per forza di gravità, raggiungendo densità tali da intrappolare ogni materia o radiazione entro una distanza detta «orizzonte degli eventi», e da far ruotare rapidamente la materia appena più lontana.

La sua esistenza era stata prevista per la prima volta dal tedesco Karl Schwarzschild nel 1916, pochi mesi dopo la pubblicazione della teoria di Einstein. Era corroborata da molti indizi ma non era mai stata confermata da un’osservazione diretta. «L’ombra, causata dalla curvatura gravitazionale e dalla cattura della luce nell’orizzonte degli eventi» ha dichiarato il direttore del consiglio scientifico del telescopio Eht Heino Falcke, «rivela molte informazioni sulla natura di questi affascinanti oggetti e ci ha permesso di misurare l’enorme massa del buco nero al centro di M87», pari a sei miliardi di volte la massa del Sole.
Per ottenere la «foto», i ricercatori hanno unito gli sforzi di otto telescopi distribuiti tra la Groenlandia e l’Antartide e tra l’Europa e le Hawaii. Le osservazioni, realizzate nell’aprile del 2017, sono state analizzate con metodi statistici molto raffinati, che hanno permesso di ricostruire l’immagine di una regione dello spazio straordinariamente piccola.
Come molti hanno notato, l’immagine realizzata dal telescopio Event Horizon Telescope non è una «ciambella» perfettamente circolare, ma è divisa in due zone ad alta e bassa luminosità. Eppure, i buchi neri dovrebbero avere una forma perfettamente sferica.

LA CONTRADDIZIONE è solo apparente. La diversa luminosità è dovuta al fatto che la materia circostante è in rapida rotazione intorno a un asse, come una trottola. Dunque, da un lato la materia che emette la luce si avvicina all’osservatore, mentre dall’altro lato si allontana. Quando un’onda viene messa da sorgenti in movimento, essa viene deformata dall’effetto Doppler, lo stesso che rende più acuto il suono di una sirena in avvicinamento.
Sulla radiazione osservata dai telescopi, questo effetto si manifesta attraverso una luminosità diversa tra la zona che ruotando si avvicina a noi, e quella che si allontana. I risultati ora saranno presentati in sei pubblicazioni sulla rivista Astrophysical Journal Letters con la firma dei ricercatori appartenenti alle oltre settanta università e agenzie di ricerca di tutto il mondo coinvolte nello studio.