Abbiamo incontrato a Maadi, quartiere residenziale del Cairo, Nader Bakkar, politico e portavoce del partito salafita El Nour. Bakkar, che fa politica nella roccaforte salafita di Alessandria d’Egitto, è co-fondatore del partito e membro del Comitato politico, è stato anche un esponente dell’Assemblea costituente. Il ruolo dei salafiti in questa fase politica è particolarmente delicato perché si sono schierati a favore dell’intervento militare che ha portato alla deposizione di Morsi, ma svolgono ora una funzione di mediazione tra esercito e islamisti. Tant’è che hanno deciso di non prendere parte al nuovo governo liberale e di non partecipare alla manifestazione che contrapporrà oggi Fratelli musulmani e militari. In questa fase sembra sempre più evidente quanto i salafiti non esistano politicamente ma siano uno strumento nelle mani dell’esercito e del vecchio regime: in caso di instabilità per innescare la necessità del ritorno alla calma, attraverso l’attivazione di episodi di settarismo religioso; e in questo contesto di scontro, per mediare con gli islamisti messi all’angolo. Come per i giovani ribelli (Tamarrod) anche per i salafiti si sprecano le denunce di connivenza con Servizi segreti e uomini del vecchio regime.

Perché oggi non scendete in piazza?

Temo uno spargimento di sangue. Sarebbe contro la nostra filosofia partecipare alla manifestazione di oggi. Noi tentiamo di stabilizzare e minimizzare le tensioni, i militari chiedono ai loro sostenitori di scendere in piazza: il discorso di ieri (la richiesta di un avallo popolare per sgomberare Rabaa el-Adaweya con la forza,

ndr) da parte del ministro della Difesa Abdel Fattah Sisi è inaccettabile. L’esercito ha giustificato questa richiesta con la necessità di una delega popolare per confrontarsi con il «terrorismo» ma non ne ha bisogno. È un messaggio inconsistente. Se chiedono alla gente di sostenerli vuol dire che non stanno combattendo contro normali criminali, ma vogliono ammettere delle eccezioni: prendere delle decisioni eccezionali per le quali vogliono l’avallo popolare. Potrebbero invece semplicemente isolare Rabaa al-Adaweya e dopo qualche giorno andrebbero tutti a casa. I militari dovrebbero acconsentire al rilascio dei leader della Fratellanza e assicurare l’impunità a coloro che decidessero di rinunciare alla lotta.

Perché il partito El Nour ha «tradito» i Fratelli musulmani e abbandonato Morsi al suo destino?

Il nostro ruolo è mediare per includere gli islamisti, tentiamo di convincerli ad accettare la sconfitta ma i media agiscono in modo violento fomentando l’odio verso i Fratelli musulmani e la corrente islamista: questo genera una crescente umiliazione. Mentre tentiamo di fermare la polarizzazione, lo scontro si aggrava. I militari non dovrebbero usare due pesi e due misure, per esempio con la chiusura solo di canali televisivi islamisti, in questo modo danno l’impressione di voler punire tutti gli islamisti.

Eppure la base del movimento è in piazza con i Fratelli musulmani.

Della nostra base elettorale a Rabaa Al-Adaweya ci sono solo poche centinaia di persone. Non sono niente comparate ai milioni delle manifestazioni di Nahda e del 29 luglio 2011 (la maggiore manifestazione salafita, ndr). L’80% dei nostri affiliati sta capendo la presa di posizione di El Nour e le nostre giustificazioni politiche. Chi non è d’accordo ha le sue ragioni, siamo in una situazione catastrofica. I Fratelli musulmani dicono che i militari stanno combattendo contro l’Islam. Questo non è vero ma la confraternita usa questa strategia per motivare la sua base elettorale. D’altra parte, molti sheykh hanno parlato nei loro sermoni dell’irreligiosità del sit-in di Rabaa: queste prediche hanno convinto molti salafiti a disertarlo. È bastato dire che i Fratelli musulmani sono stati vittime della punizione di Allah per la loro incapacità politica in un anno di governo.

Quali sono gli errori commessi dai Fratelli musulmani?

L’errore fatale dei Fratelli musulmani è stato di escludere gli uomini del Partito nazionale democratico (Pnd) di Mubarak dalla gestione del potere: si tratta di uomini d’affari, senza ideologia. Un vero principio islamico è di non permettere punizioni generalizzate: invece i Fratelli musulmani hanno voluto isolare dalla vita politica la base del regime di Mubarak. Bisognava arrestare i criminali e costruire sulle esperienze precedenti: capire gli interessi economici di questa parte della società o quanto meno contenerla. Un esempio è la questione della diga della rinascita. Per risolvere la crisi abbiamo appoggiato il nome dell’ambasciatore del Pnd Mona Omar, non ne hanno mai voluto sentir parlare, ora è stata nominata da Adli Mansour ed è già volata ad Addis Abeba per discutere della crisi.