Il dibattito alla Camera sul biotestamento ci ha ricordato a cosa dovrebbe servire un Parlamento.

Per una volta ha potuto trasmettere non una rissa tra fazioni, ma lo scambio di idee e lo scontro tra impostazioni ideali differenti.

Il confronto parlamentare ha prodotto una crescita di consapevolezza dei Parlamentari sull’urgenza di rispondere alle esigenze alla fine della vita. Lo stesso risultato sarebbe stato ottenuto presso l’opinione pubblica, se soltanto il tema fosse stato argomento di discussione anche nei «salotti» televisivi. A questo proposito, c’è da chiedersi che fine abbiano fatto le tribune politiche, su un tema tanto importante. Il diritto a conoscere come si muore in Italia, insieme alle ragioni dei favorevoli e dei contrari alla legge, è il bene più importante in gioco insieme alla sofferenza dei malati.

Nel merito delle legge, il risultato finora raggiunto è buono. I principi fondamentali per i quali ci siamo da sempre battuti anche come Radicali e Associazione Luca Coscioni sono ribaditi in modo chiaro: il paziente può rinunciare alle terapie, anche attraverso un testamento biologico vincolante; la nutrizione e idratazione artificiale sono terapie e possono essere interrotte dal paziente; il paziente può ottenere la sedazione continua profonda per essere accompagnato alla fine della vita senza soffrire, in particolare in caso di interruzione delle terapie.

Si potrebbe obiettare che il diritto all’autodeterminazione era già stato affermato dalla giurisprudenza, nel rispetto della Costituzione, grazie alle lotte di persone come Welby, Nuvoli, Englaro, Ravasin, Piludu.

L’importanza di avere tradotto il principio costituzionale in una legge consiste proprio nell’evitare che tale diritto resti attivabile solo a prezzo di battaglie giudiziarie interminabili, e ad esso corrisponda un preciso dovere in capo al servizio sanitario nazionale e alle strutture pubbliche e private. Non solo: la possibilità per le Regioni di decidere l’inserimento del testamento biologico nella tessera sanitaria può diventare uno dei portati più innovativi della legge, mettendo facilmente a disposizione del personale medico anche di emergenza le informazioni sulle volontà del paziente. In termini di diffusione, potrebbe essere questo «il dettaglio» più rivoluzionario, in concreto.

La legge ha impiegato oltre un anno a passare alla Camera, e a nostro avviso non sarebbe arrivata alla votazione finale senza il coraggio di coloro che hanno reso pubblica la propria sete di libertà alla fine della vita, come Velati, Fanelli, Fabo e Trentini. La legge è stata riempita di piccole trappole e burocratismi, che rischiano di facilitare i sabotatori professionisti, favorendo o ammettento quella sorta di imposizione di coscienza che sull’aborto viene inferta sul corpo delle donne. La legge rischia grosso al Senato, nonostante il favore dell’opinione pubblica, perché l’avvicinarsi delle elezioni facilita i giochetti partitici contro la logica delle idee. Bando all’ottimismo, dunque. Salutiamo questa bella pagina del Parlamento italiano, impegnandosi perché non resti isolata.

* Associazione Luca Coscioni