In un’Aula semivuota (20 deputati presenti) e dopo tre rinvii, si è aperto ieri alla Camera il dibattito sul «testamento biologico». Aperto e chiuso nel giro di quattro ore, per proseguire il rito della discussione generale a conclusione dell’iter sui decreti sicurezza e immigrazione: nel caso migliore giovedì 16, molto più probabilmente la prossima settimana. Solo allora i lavori di Montecitorio entreranno nel vivo, con l’analisi degli emendamenti (centinaia) e la battaglia ostruzionistica degli oppositori (prima degli articoli verranno votate le due questioni pregiudiziali di costituzionalità, di cui una dell’Ncd Raffaele Calabrò, e le 4 sospensive presentate ieri).

E allora si vedrà se la tenuta del governo prevarrà sugli interessi dei cittadini. Se l’alleanza di Pd, M5S e SI per far passare il testo licenziato dalle commissioni e approdato ieri in Aula – seppur arretrato rispetto alla percezione comune sui temi del fine vita – barcollerà davanti ai niet del Ncd.

NON C’È DA STUPIRSI, però, se il tema non ottiene il sold out parlamentare, perché il dibattito è fermo sugli stessi nodi – il vincolo per i medici di attenersi alle Disposizioni anticipate di trattamento e la possibilità da parte di chi le stila di rifiutare l’idratazione e la nutrizione artificiale – da otto anni a questa parte. Da quando nel marzo 2009 il Senato approvò in prima lettura il testo Calabrò col solo intento di fermare la sentenza della Corte d’Appello di Milano che autorizzava Beppino Englaro ad interrompere i trattamenti che tenevano in vita sua figlia Eluana.

I TEMPI SONO CAMBIATI, nessuno al governo questa volta ha pensato minimamente di presentare un decreto per fermare i tanti Dj Fabo che ogni anno cercano un aiuto al suicidio in Svizzera (Berlusconi invece se ne inventò uno dicendo che Eluana poteva ancora avere figli), e addirittura la cronaca parlamentare deve annotare un Fabrizio Cicchitto che in dissenso con il suo gruppo esprime «rispetto» anche per la scelta di «non resistere davanti alla malattia ed alla impossibilità di sopportare il dolore fisico».

Eppure gli argomenti che sono risuonati nell’Aula anche ieri sono sempre gli stessi: la «non negoziabilità» di alcuni valori come il «dono della vita», la «coscienza» del medico, la diversa concezione della dignità umana, il rischio di apertura all’eugenetica, ecc. Anche se, come ricorda Giulio Marcon, capogruppo di Sinistra italiana alla Camera, «la prima legge sul biotestamento risale al 1976, nello Stato della California».

FUORI INVECE, in piazza Montecitorio, i Radicali dell’Associazione Luca Coscioni hanno raccolto firme per supportare la diffusione della «Carta dei Medici per il Testamento Biologico» che, appellandosi al Parlamento, fissa «tre punti irrinunciabili da includere nel testo delle Dat»: rifiutabilità di tutti i trattamenti, comprese idratazione e nutrizione artificiale; natura vincolante delle Dat; possibilità di optare per «una sedazione palliativa profonda continua, in modo da accompagnare il paziente a morire senza soffrire».

Sono le stesse correzioni inserite negli emendamenti presentati da SI. In uno di questi, per quanto riguarda la possibilità da parte del medico di disattendere le Dat del paziente divenuto nel frattempo incapace di intendere e volere, si prevede «il solo caso in cui siano a disposizione nuove terapie certificate che permettano un reale miglioramento del malato», come spiega la deputata Sel Monica Gregori.

MA È DAGLI EQUILIBRI politici, più che dagli argomenti usati nel dibattito, che dipende il destino delle Dat, che potrebbero essere neutralizzate escludendo dai trattamenti rifiutabili la nutrizione e l’idratazione artificiali. Il Ncd, che è un po’ l’ago della bilancia, non appare più così compatto nell’opporsi alla libera scelta del fine vita: oltre a Cicchitto, anche la deputata Rosanna Scopelliti invita la maggioranza di governo a dimostrarsi unita «almeno su un tema che determinerà la vita di molte persone che soffrono». Ma la portavoce nazionale Valentina Castaldini mette le mani avanti e invoca la revisione del testo per evitare «un sovvertimento dei valori etici e morali su cui si basa la nostra società».

Nella fila del Pd invece si potranno contare alcune defezioni, come quella preannunciata di Giuseppe Fioroni: «È un testo sull’eutanasia, non sulle dichiarazioni anticipate di volontà» perché, dice l’esponente dell’area ultra cattolica, «nel terzo millennio faremo morire di sete e di fame i pazienti, sebbene sotto sedazione profonda». Ma questa volta «andremo fino in fondo», lo stoppa il capogruppo dem Ettore Rosato. Si spera, perché il Paese discute già di eutanasia e di suicidio assistito.