Fari puntati sulla riunione dei capigruppo del Senato, prevista per oggi alle 13, che deve decidere quali leggi calendarizzare nella manciata di sedute d’Aula rimaste prima dello scioglimento delle camere, nella finestra che si è aperta in questa settimana o subito dopo (ma è decisamente meno probabile) la conclusione dell’iter della legge di Bilancio.

Testamento biologico, innanzitutto, sul cui testo i dem sembrano aver sciolto ogni riserva, ma anche la legge sulla cittadinanza – alla quale Pisapia ha subordinato l’accordo tra Campo progressista e Pd -, altre tre testi sui quali insiste una larga o totale maggioranza (modifica del regolamento del Senato, protezione dei testimoni di giustizia, orfani di crimini domestici), e la legge sui vitalizi richiesta a gran voce dal M5S.

Mettiamo subito in chiaro l’infondatezza dei rumors circolati ieri su alcuni quotidiani mainstream e megafonati da Forza Italia, secondo i quali «il presidente del Senato, Pietro Grasso, metterà all’ordine del giorno di Palazzo Madama lo ius soli e il biotestamento – parola del capogruppo berlusconiano Renato Brunetta – e metterà prima lo ius soli e poi il biotestamento per fare l’ennesimo dispetto al Pd e a Renzi». Infondate non solo perché smentite dagli stessi esponenti della neonata lista «Liberi e uguali», entrata ovviamente nel cono delle fake news, ma anche perché il presidente del Senato può, in base al regolamento, soltanto proporre (e probabilmente lo farà) la calendarizzazione del testo sullo Ius soli e Ius culturae, ma poi la decisione finale spetta ai capigruppo riuniti. E qui la faccenda si complica.

«Il biotestamento è una cosa che si può portare a casa, c’è meno rischio. Poi ci giochiamo la partita dello Ius soli, dove i numeri sono più incerti», ha affermato ieri dai microfoni di Radio Capital il ministro della Giustizia Andrea Orlando. «Spero che questa sia la volta buona per l’approvazione del biotestamento. Mio figlio ha lottato tanto per questo», ha ricordato ieri Carmen Antoniani, la madre di Dj Fabo, morto suicida in Svizzera chiedendo aiuto all’Associazione Coscioni.

In effetti solo una piccola minoranza dei senatori è rimasta ad opporsi strenuamente, coltello ai denti, al testo che porta la firma del M5S e che norma le Dichiarazioni anticipate di trattamento in modo ben più arretrato delle leggi sul fine vita in vigore in altri Paesi europei. La parole di Bergoglio hanno infatti rotto gli indugi dei dem di cultura cattolica e convinto perfino i centristi di Ap a lasciare «libertà di coscienza». L’ostacolo dei 1500 emendamenti presentati in Aula si può superare – secondo le previsioni – in tre sedute, senza il ricorso alla fiducia, se la conferenza dei capigruppo deciderà di accorpare gli emendamenti («canguri») e usare la cosiddetta «ghigliottina», la votazione a data certa che abbatte ad un certo punto, in modo tranchant, la discussione.

Ieri però Campo progressista ha deciso di vendere cara l’alleanza con il Pd – «non ancora raggiunta», ha assicurato Pisapia – e ha lanciato la campagna «Portate l’Italia in Aula», per sollecitare la calendarizzazione anche dello Ius soli temperato. «Vedremo se ci saranno i numeri, e poi ci sono anche altre leggi ferme a fine legislatura – ha affermato Matteo Renzi su RTL 102.5 – Ma non è che io decido, non è come prima che avevamo la maggioranza, il partito, il governo, e abbiamo fatto cose che non si erano mai fatte prima». Una calendarizzazione però è sempre possibile, spiana la strada e senza impegno: già in passato, infatti, lo Ius soli è rimasto per molte settimane solo una voce sul calendario dei lavori.