Il 2 marzo 2022 è una data storica per il biologico italiano. Dopo 15 anni e 3 legislature è stato finalmente approvato in via definitiva il DDL n. 988 «Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell’acquacoltura con metodo biologico». Siamo decisamente soddisfatti perché si tratta di una norma che contiene elementi indispensabili per favorire la transizione ecologica dei sistemi agricoli italiani.

LA FINALIZZAZIONE DELLA LEGGE SUL BIO arriva in un momento decisivo, in quanto, a partire dalla fase attuale e fino al 2027, saranno messe in campo una notevole quantità di risorse per favorire lo sviluppo del biologico. Si tratta di investimenti importanti che complessivamente ammontano a quasi 3 miliardi di euro, considerando i finanziamenti contenuti nel Fondo per il biologico, nel PNRR e nel Piano Strategico Nazionale della PAC. Ovviamente è essenziale che queste risorse vengano spese bene, in maniera programmata e integrata, per garantire la crescita del settore. Da qui l’importanza di avere una legge che fornisca gli strumenti necessari per definire una strategia per lo sviluppo del settore sia in termini di produzione che di consumi. A questo fine, tra gli elementi più importanti contenuti nel DDL 988, sottolineerei l’approvazione, entro 90 giorni dalla data della sua entrata in vigore, del Piano d’azione nazionale per il biologico e l’attivazione del tavolo tecnico per la produzione biologica. Sono due punti essenziali per avviare una programmazione mirata e puntuale che permetta di investire al meglio tutte le risorse a disposizione per avere una ricaduta economica durevole e non utilizzare i fondi in modo sbagliato o, peggio ancora, sprecarli.

UN ALTRO PUNTO SOSTANZIALE CONTENUTO nell’articolo 6 è relativo all’istituzione del marchio «Made in Italy bio», che può consentire di fare un salto di qualità al settore attraverso filiere di bio 100% italiano e al giusto prezzo, che uniscano il valore dell’identità del cibo italiano a quello della sostenibilità dato dal marchio biologico. Decisamente rilevante anche il riconoscimento dei distretti biologici, che permettono di sviluppare l’agricoltura e l’economia dei territori rurali con una particolare attenzione alle aree interne e alle aree naturali protette.

I BIO DISTRETTI RAPPRESENTANO un’opportunità concreta di crescita del biologico grazie allo sviluppo sostenibile delle aree rurali. Grazie a politiche distrettuali tese a favorire la conversione biologica a livello territoriale, i distretti bio sono in grado di promuovere l’insieme delle risorse locali integrandosi con il turismo, l’artigianato e le altre attività economiche, valorizzando al tempo stesso l’ambiente ed il paesaggio. Si basano sul rapporto diretto produttore-consumatore attraverso filiere corte locali e la fornitura di prodotto bio nelle mense pubbliche come strumento strategico di educazione alimentare.

L’INTEGRAZIONE DEGLI OPERATORI della filiera bio, che punta a mettere a sistema le imprese per fare qual salto di qualità che serve in questa fase, insieme al tema dell’interprofessione, rappresentano elementi importanti per la tutela dell’integrità del biologico. A questo si aggiunge la revisione del sistema dei controlli, prevista dall’art. 19, che delega al Governo la razionalizzazione della normativa sui controlli. Si tratta di un punto particolarmente rilevante che può rafforzare il sistema delle verifiche all’insegna di una maggiore trasparenza grazie anche all’impiego di piattaforme digitali di tracciabilità e alla semplificazione delle norme.

DA EVIDENZIARE, INFINE, IL RUOLO decisivo della ricerca per la crescita del comparto, cui è dedicato l’articolo 11. Il Piano d’azione nazionale per il biologico dovrà individuare le risorse per favorire l’innovazione, alla quale sarà destinata la quota del 2% del fatturato proveniente dalle vendite dei prodotti fitosanitari e dei fertilizzanti di sintesi chimica realizzato nell’anno precedente. Attraverso il Fondo per il bio, il Governo destinerà al biologico anche altre risorse, delle quali il 30% sarà destinato a incrementare programmi di ricerca e innovazione.

L’ITALIA È NATURALMENTE VOCATA al biologico. Con 2,1 milioni di ettari è il terzo Paese in Ue come superficie coltivata a biologico, primo come numero di produttori attivi (71.590) e come incidenza di superficie bio sul totale 16,6 %. Questa legge contiene tutti gli elementi per spingere sull’acceleratore. Ritengo che adesso si disponga di tutti gli strumenti per puntare ad arrivare a quota 25% di superficie nazionale coltivata a bio entro il 2027. Bisognerà però incrementare i consumi che attualmente sono inferiori rispetto ad altri Paesi. Possiamo farlo in tempi rapidi con la politica del giusto prezzo e un’adeguata remunerazione per gli agricoltori. Quest’ultima potrebbe essere sostenuta attraverso una revisione della fiscalità che riconosca una diminuzione della tassazione sui servizi che portano benefici ambientali, come accade nel caso dell’ agricoltura biologica che tutela la fertilità del suolo, gli ecosistemi e contribuisce a mitigare il cambiamento climatico.

* Presidente FederBio