Alle Cascine Orsine si arriva percorrendo strade sterrate e un lungo viale alberato. Il sito produttivo principale dell’azienda agricola si trova poco lontano da Bereguardo (Pavia). Qui la pianura si fa più ondulata, scendendo verso la valle del Ticino. Alle Cascine Orsine si pratica l’agricoltura biodinamica dagli anni ’70, quando Giulia Maria Crespi (fondatrice del Fondo Ambiente Italiano) decise di produrre il cibo sano che avrebbe voluto mangiare. Oggi siamo alla terza generazione: Marco Paravicini è il nipote trentunenne che ha preso le redini dell’attività.

LE CASCINE DI UN ROSSO MAGENTA SPICCANO tra le sfumature di verde: quello scuro delle fronde, quello acceso delle risaie, quello variegato dei prati stabili. Il nucleo centrale è circondato da circa 650 ettari: 300 coltivati a seminativi e 300 composti da aree naturali: siepi, filari, boschi. L’azienda, concepita come un corpo unico, possiede altre due aree produttive, di 100 ettari ciascuna: a Tromello in Lomellina e a Settala nel Parco Agricolo Sud. Il nucleo principale ospita l’allevamento di 400 vacche da latte, di cui 150 in lattazione. «I nostri animali sono incroci, di tre razze: frisona, montbeliarde e pezzata rossa» spiega Marco Paravicini, mostrando la varietà di individui nella stalla. «L’obiettivo è avere animali sani, che diano un latte di qualità e che vivano a lungo», afferma. Le mucche sono divise in diversi ambienti, a seconda della loro fase di vita: dai vitelli, alle manze, da quelle in lattazione alle gravide. Le stalle sono ampie e aperte. Tutto intorno sono stati allestiti pascoli per le ore più fresche della giornata.

«LE MUCCHE HANNO LE CORNA PERCHE’ IL METODO biodinamico vieta le mutilazioni», e aggiunge: «Anche per questo garantiamo loro molto spazio per muoversi». In tutte le stalle c’è una lettiera permanente: un’area di coricamento comune composta da un letto di paglia, rinnovato quotidianamente. La lettiera diventa una risorsa indispensabile al funzionamento dell’organismo agricolo, come previsto nella biodinamica. Si arricchisce del letame e quando viene tolta diventa un cumulo. Nel cumulo il letame invecchia per circa un anno, con l’ausilio dei preparati biodinamici, finché non si trasforma in materiale organico estremamente fertile, utile alla concimazione.

LA BIODINAMICA PUNTA A TUTELARE LA FERTILITA’ del terreno, arricchendolo di microrganismi. I preparati vengono realizzati in azienda da una persona specializzata: cornoletame e preparati da cumulo, a base di erbe. «Favoriscono la produzione di microrganismi che trasformano il letame in humus» spiega Paravicini. Il letame nel cumulo si trasforma: diventa molto scuro e perde l’odore. È pronto per essere utilizzato nei campi con uno spandi-letame.

IL BENESSERE ANIMALE VIENE MONITORATO grazie a un software montato su una cavigliera. «La tecnologia è fondamentale per intercettare subito eventuali problemi», sottolinea il titolare. L’alimentazione viene calibrata a seconda dell’età e delle fasi di vita: in crescita, in lattazione o in asciutta (in attesa del parto). Alle mucche vengono garantite ventilazione e doccette, soprattutto d’estate, perché non soffrano il caldo.

«IL CONCETTO CENTRALE DELLA BIODINAMICA è l’azienda-organismo che, per quanto possibile, sia autosufficiente», spiega ancora Paravicini descrivendo l’organizzazione di Cascine Orsine. I prati e i campi coltivati a cereali e legumi producono foraggio e fieno. Gli animali producono il letame che viene utilizzato come concime nei campi: «L’azienda ha un suo equilibrio interno». Anche la componente naturale è fondamentale: i prati servono nella rotazione per far riposare il terreno e sconfiggere le infestanti. I boschi danno rifugio alla biodiversità animale (daini, caprioli, tassi, cinghiali, pesci, anfibi e uccelli), «sono una componente distintiva del paesaggio e sequestrano carbonio». E ancora. «L’azienda biodinamica tutela la biodiversità, non inquina, garantisce la fertilità del terreno, protegge dall’erosione, tutela il benessere animale e custodisce il paesaggio». L’azienda agricola ospita anche le marcite, tutelate dal Parco del Ticino, un orto e alberi da frutto che servono il piccolo negozio interno.

IL PRODOTTO DI PUNTA DI CASCINE ORSINE, oltre ai formaggi, è il riso. Vengono coltivate due varietà: Baldo e Rosa Marchetti. In questo periodo dell’anno le risaie sono allagate: il colpo d’occhio è un mare verde brillante. Da vicino la risaia non è uniforme: è punteggiata dagli infestanti. «In natura non esiste la monocoltura», dice ancora Paravicini, sottolineando le difficoltà legate al controllo delle erbacce nella risicoltura biologica e biodinamica. Cascine Orsine adotta diversi metodi: dalle false semine, all’uso delle macchine estirpatrici, fino alla pacciamatura verde sperimentata con l’Università degli Studi di Milano. Le false semine ingannano le infestanti e interrandole si inibiscono i semi. Lo strigliatore meccanico estirpa le erbacce nell’interfila mentre la pacciamatura verde prevede di seminare il riso su un prato di loietto e veccia. Si abbattono le erbe con un rullo e si allaga il campo. Il prato inibisce lo sviluppo delle infestanti e muore sottacqua, mentre le piantine di riso cominciano a crescere.

LE VARIETA’ DI RISO SCELTE PERMETTONO di realizzare due semine l’anno, inoltre, «essendo alte competono meglio», sottolinea. Le semine di riso sono intervallate da un erbaio invernale che nutre la stalla. «I campi non sono mai brulli – evidenzia – ci sono sempre colture da copertura: dall’orzo alla segale, dal farro al mais fino alla soia». Le rotazioni non sono solo pluriennali, i campi cambiano copertura anche annualmente. I semi del riso vengono, in parte, autoprodotti e selezionati in azienda. Periodicamente, però, si rifanno le parcelle per garantire il ritorno in purezza. In agricoltura biologica e biodinamica il seme evolve e si incrocia, naturalmente. «Dobbiamo garantire ai clienti la coerenza con le varietà esposte in etichetta», spiega.

IL METODO AGRICOLO SCELTO COMPORTA un monitoraggio costante in campo e la necessità di riseminare dopo la raccolta, per garantire la rotazione. Attività che richiedono personale. Cascine Orsine ha 29 dipendenti. Di prima mattina l’aia è in fermento: le macchine agricole partono per i campi, il personale pulisce le stalle, dà da mangiare alle mucche e produce i formaggi nel caseificio attiguo alla sala di mungitura. «Filiera cortissima». Cascine Orsine ha scelto la vendita diretta. Ospita un ristorante e un punto vendita Ecor-NaturaSì. I suoi prodotti finiscono anche nei negozi bio. All’esportazione, in paesi europei in cui la biodinamica e il marchio Demeter sono affermati, è riservato il 10%. «La nostra agricoltura non sarebbe sostenibile se dovessimo vendere a prezzi di mercato; dobbiamo creare il nostro mercato» evidenzia Paravicini. E aggiunge: «Investiamo sulla qualità e i consumatori ci accordano un prezzo più alto». Il marchio Cascine Orsine è ben affermato: «Ogni anno a luglio finiamo il prodotto di punta, il riso, e dobbiamo aspettare 5 o 6 mesi per ricominciare a venderlo». Dove ancora cantano le rane si legge sulle confezioni. «Il motto risale agli anni ’70 – racconta – all’epoca in risaia si usavano diserbanti potenti. Le rane gracidavano fino al momento del diserbo, dal giorno successivo il silenzio era assordante».

MARCO PARAVICINI HA MOLTE IDEE. Vuole avvicinare l’azienda alle persone e al territorio, aprendola per visite in campo. «Deve diventare un polo di qualità alle porte di Milano: dove mangiare, passeggiare, conoscere la natura, salvaguardando la sua anima selvatica».