Finisce nell’occhio del ciclone mediatico dove, assicurano le malelingue renziana, la presidente della commissione antimafia «si era voluta lanciare per dare un calcio a Renzi e fare bella figura. Invece ha fatto mali i calcoli, per lei è stato un boomerang».

In effetti Rosy Bindi ieri è finita al centro degli attacchi di destra e sinistra. Nel primo caso per aver deciso il vaglio dei nomi dei candidati alle regionali di domenica, e per aver poi consentito fughe di notizie dalla commissione, che ne uscirebbe danneggiata nella sua autorevolezza; nel secondo per non aver reso pubblici – non ancora almeno – tutti i nomi dei cosiddetti «impresentabili». Fabrizio Cicchitto (Ncd) parla di «nonsenso istituzionale e politico» e di «ricatto politico-psicologico non accettabile» perché «il diritto di elettorato attivo e passivo è regolato dalla legge».

Dall’altra parte Grillo fiuta l’assist e tira ripetutamente in rete per i motivi opposti: sulle bacheche dei 5 stelle la presidente diventa «Boccacucita». Il comico lancia l’hashtag #BindiFuoriinomi e l’accusa addirittura di inciucio: «L’antimafia poteva dare una grande prova di credibilità e invece un bell’accordo trasversale ha fatto saltare il banco: fughe di notizie e la volontà di scaricare le colpe sul Movimento 5 Stelle. È una vergogna, si arriva quasi al voto senza che i cittadini italiani possano sapere chi vanno a votare». Grillo difende il suo deputato in commissione, Francesco D’Uva, sospettato di aver passato ai giornalisti i nomi degli «impresentabili» pugliesi (Enzo Palmisano e Massimiliano Oggiano in lista con Schittulli, Giovanni Copertino con Poli-Bortone). Il deputato nega e a sua volta accusa il Pd di non voler diffondere i nomi. «Falso», replica il democratico Franco Mirabelli.

E comunque la storia è andata un po’ diversamente: la commissione, dopo una ruvida discussione, aveva deciso di rendere comunque noti i primi quattro nomi nel corso di una conferenza stampa della presidente. Ma qualcuno le ha ’bruciato’ l’iniziativa passando la lista ai giornalisti.

In ogni caso per i 5 stelle tutta la vicenda è uno spottone elettorale a tre giorni dal voto. Un regalo insperato. Luigi Di Maio dalla Campania di De Luca e Caldoro ha gioco facile: «La selezione dovevano farla i partiti, evitando di candidare gente impresentabile. Ai cittadini campani la sanzione che chiediamo è quella di non votarli». Loredana De Petris (Sel) attacca il Pd: «Non capisco come Renzi possa chiedere di votare De Luca, è il capo degli impresentabili». Insomma, l’iniziativa di Rosy Bindi e Claudio Fava (in realtà l’ha proposta lui per primo) per il Pd si trasforma in una Caporetto: la mazzata finale dopo la sfortunata (per De Luca) sentenza della Cassazione.

Così su Bindi e sulle vicende dell’antimafia cala il gelido silenzio del suo partito. Renzi scocca un impresentabile «sulla legalità non prendiamo lezioni da nessuno», il vice Lorenzo Guerini dichiara freddamente «rispetto verso il lavoro della Commissione Antimafia ma sono certo che alle liste del Pd verrà confermata la qualità». In serata Bindi corre ai ripari e la commissione Antimafia replica agli attacchi con un comunicato ufficiale: il ritardo dell’uscita dei nomi è dovuto all’assenza «di un sistema informativo unico sui dati giudiziari», che ha reso i controlli di conformità «complessi e laboriosi». L’iniziativa «rientra nei compiti istituzionali della Commissione» (leggasi: non è una levata d’ingegno della presidente) ed ha persino un mezzo precedente all’epoca della presidenza di Giuseppe Pisanu , nel 2009. Sempre la commissione spiega di aver «ritenuto di offrire agli elettori un contributo di conoscenza preventivo, con una scelta di trasparenza e responsabilità verso i cittadini» e prende l’impegno «di concludere tutti i necessari riscontri entro venerdì prossimo».

Ma il malumore dem contro Bindi è alle stelle. E non esplode allo scoperto solo per evitare che la polemica già controproducente non finisca in un disastro. A tre giorni dal voto.

Aggiornamento del 5 maggio 2020

L’articolo è stato editato su richiesta per il rispetto del diritto all’oblio.