Con la maggioranza che va sotto alla camera, la maggior parte degli eletti grillini spunta i giorni sul calendario del mese di luglio, aspetta gli eventi dei prossimi. Si punta ad oltrepassare le forche caudine della seconda votazione in senato del testo sulla riforma costituzionale che riduce gli eletti. Ieri è stato approvato in commissione al senato, il passaggio in aula è previsto tra una settimana: si balla sul margine. E poi bisogna arrivare fino alla fine del mese, alla chiusura dell’ultima finestra elettorale. «Fino ad allora non si muove foglia», dicono dal gruppo del M5S a Montecitorio, al quale con tutta evidenza Luigi Di Maio e Davide Casaleggio hanno voluto mandare un messaggio di severità con le espulsioni delle deputate Veronica Giannone e Gloria Vizzini. Oggi il capo politico vede i deputati, per discutere dell’organizzazione interna e della costituzione di un organismo elettivo che governi il gruppo.

EPPURE, I MOTIVI di tensione non mancano. Due giorni fa, il senatore Alberto Airola, la deputata Jessica Costanzo e la capogruppo M5S in regione Piemonte Francesca Frediani insieme a tutto il gruppo consiliare del M5S torinese hanno pubblicamente indicato una possibile via d’uscita dalla Tav. Spiega Airola: «Si tratterebbe di intervenire sulla composizione dell’unico organismo realmente deputato alle scelte di natura normativa, tecnica e fattuale sulla grande opera: la Conferenza intergovernativa». La Cig è composta per metà da francesi e per metà da italiani, il capodelegazione italiano è ancora l’architetto Paolo Foietta, che era anche il commissario di governo per la realizzazione dell’asse ferroviario. «Il ministro Toninelli ha il potere di scrivere anche domattina un decreto – spiega ancora Airola – E nominare una nuova delegazione con a capo una persona di altissimo profilo che ridiscuta l’utilità o meno della Torino-Lione». Ne risulterebbe che i trattati internazionali stessi prevedono una via d’uscita o quantomeno una reale verifica della Tav.

QUI SI CONSUMA la distanza tra i proponenti, che sono gli unici del M5S a tenere un filo di relazione coi comitati No Tav, e i 5 Stelle al governo: «I tempi sarebbero immediati, ci eviterebbero il conto alla rovescia prima della partenza dei bandi veri e propri. Ma i nostri dicono che alla Lega questa soluzione non sta bene». Per Airola, si rischiano di sottovalutare «gli effetti negativi» di un non blocco dell’opera per il M5S. «Sarebbe una scelta devastante – esclama il senatore torinese – Salterebbe immediatamente la giunta torinese, io stesso sarei costretto a lasciare il M5S e non è detto che si non dimettano anche altri. Forse a quel punto il governo stesso sarebbe a rischio».

Nonostante le minacce, le espulsioni di Paola Nugnes prima e poi di Giannone e Vizzini sono un’eccezione. Nel M5S non si ricorreva a misure del genere per motivi «politici» praticamente dalla scorsa legislatura. C’era stata la tornata di interventi disciplinari piombata nel mezzo della campagna elettorale dello scorso anno, ma in quel caso chi era stato messo alla porta era accusato di non aver versato parte del proprio stipendio, o addirittura di aver prodotto false rendicontazioni. Dopo le grandi operazioni di epurazione effettuate fino a qualche anno fa, si era scelto di tollerare quanto più possibile le differenze interne per non apparire troppo centralizzatori. Non è un caso che anche nell’occasione delle due deputate, si sia cercato di attribuire le espulsioni cadute dall’alto (senza intervento dei probiviri e senza votazione sulla piattaforma Rousseau) a questioni economiche. Invece, Giannone e Vizzini si preparavano a presentare emendamenti e a contestare buona parte delle norme del secondo decreto sicurezza.

SEMPRE OGGI, i parlamentari si riuniscono per discutere dell’atteggiamento da tenere sul «sicurezza bis». Anche su questo Airola è molto netto: «Stiamo preparando emendamenti per chiedere alcune modifiche – racconta – Forse noi parlamentari 5S non siamo consapevoli del potere contrattuale. Di una cosa sono sicuro: per Salvini andare alle elezioni adesso è un suicidio. Per questo il governo non cadrà».