Ad essere contro Donald Trump, questa volta, non sono le minoranze, ma quello che secondo la classifica di Bloomberg è il secondo uomo più ricco del mondo: Bill Gates. Il miliardario fondatore di Microsoft nel corso di un’intervista con la Cnn ha dichiarato che i super ricchi dovrebbero pagare più tasse, mentre la riforma fiscale di Trump va in tutt’altra direzione.

«Non è una legislazione fiscale progressiva, ma regressiva – ha dichiarato Gates -. Consente alle persone più ricche di trarre enormi benefici rispetto alla classe media o ai poveri e quindi contrasta con la tendenza generale che vorremmo vedere, che prevede una rete di sicurezza più forte e le persone più abbienti che pagano più tasse».

Non è un discorso implementato sui bilanci altrui, Gates si è messo in gioco proprio in prima persona, dichiarando: «Ho pagato più di tutti, oltre 10 miliardi di dollari, ma il governo dovrebbe richiedere che persone nella mia posizione paghino significativamente più tasse».

Non è la prima volta che il fondatore di Microsoft fa un affermazione di questo tipo: Gates è titolare di una propria fondazione e nell’arco della sua carriera ha finora versato più di 40 miliardi di dollari in progetti benefici.

È nota anche la sua decisione di lasciare la maggior parte dei suoi averi in beneficenza e non in eredità ai propri figli in quanto «distorcerebbe» la loro visione del mondo e della vita. «Dare ai ragazzi una somma tale di denaro non è fargli un favore – ha affermato Gates – inquinerebbe qualsiasi cosa volessero fare nel tentativo di costruirsi una vita e una carriera autonome. Questo denaro è destinato ad aiutare i più poveri. I nostri figli lo sanno, e ne vanno orgogliose. Hanno visto di persona i progetti che io e mia moglie finanziamo».

Al di là del fatto che nessun multimiliardario dovrebbe essere spinto a sostituirsi alle istituzioni, la posizione di Gates contro la riforma fiscale di Trump non è sorprendente, come non é nemmeno la prima volta che un multimiliardario chiede di pagare più tasse. Era già accaduto col terzo uomo più ricco del mondo, l’imprenditore ed economista statunitense Warren Edward Buffett conosciuto anche come «l’oracolo di Omaha» che aveva protestato in quanto, in proporzione, pagava meno tasse della sua segretaria.

La riforma fiscale operata da Trump favorisce le multinazionali che pagando tasse bassissime, ora potranno far rientrare i soldi che mantenevano all’estero, stimati in oltre 2mila miliardi e 400 milioni di dollari di liquidità. Mentre restano per le famiglie sette aliquote fiscali fino al 2025, ma a livelli più bassi e si eliminano molte detrazioni, soprattutto per le imposte locali e quelle statali.

La riforma era passata nonostante uno scontento bipartisan che ha visto il malcontento anche dei senatori repubblicani provenienti dagli Stati che soffriranno maggiormente il peso del Fisco, che l’hanno osteggiata. Stati come New York e la California avranno un tetto di soli 10mila dollari da portare sul conto del fisco federale per usarli in deduzione, mentre ad alcune categorie professionali sono stati ridotti i benefici che erano stati ritagliati ad hoc per loro.

Nonostante abbia sempre insistito che la sua riforma fiscale fosse rivolta alla classe media, Trump ha fatto un grande favore ai ricchi e ai super ricchi, mentre le altre fasce avranno sì un risparmio nell’immediato, ma sarà solo momentaneo, a fronte di quello dell’un per cento che sarà permanente. Il tutto basandosi sulla teoria vecchia e avversata da molti economisti contemporanei secondo cui solo i più ricchi possono generare ricchezza e benessere diffuso.