Non c’è pace per la giunta di Virginia Raggi. La bocciatura del bilancio di previsione per il triennio 2017-2019 cade come un macigno sui pentastellati. Il paradosso è che viene bocciato un documento abbastanza moderato, che non mette in discussione la tagliola che stritola le finanze dei comuni. Tanto che, a proposito di timidezze dell’amministrazione, i revisori dei conti valutano «positivamente la politica ispirata a principi di prudenza» della giunta Raggi.

Lo shock va in scena in un consiglio comunale che si riunisce dopo la crisi causata dall’arresto di Raffaele Marra e la partita tra correnti sotto la supervisione di Grillo e Casaleggio. Non ci si aspettano cose clamorose, al di là delle schermaglie sugli eventi dei giorni scorsi. Non in questa sede, vista la scarsa importanza che la maggioranza (presa da vertici privati e riunioni in separata sede) attribuisce all’aula consiliare.

Ma alla telegrafica dichiarazione (meno di due minuti) con la quale la sindaca dà conto del terremoto dei giorni scorsi segue una lunga e misteriosa pausa, che accende gli animi delle opposizioni. «Che fine ha fatto la maggioranza?», si chiedono tutti. Quattro ore di attesa, poi ricompare il presidente d’aula Marcello De Vito e si capisce che l’assessore al bilancio Andrea Mazzillo non si presenterà ad illustrare il documento contabile, che pure era stato annunciato con enfasi. «Comunico all’aula che è pervenuto il parere dell’Organismo di revisione e che tale parere è non favorevole», scandisce De Vito.

È la prima volta che accade, anche se (e c’è da dire che il precedente non è di buon augurio per la maggioranza attuale) due anni fa lo stesso organismo aveva bocciato il Piano di rientro varato dalla giunta Marino. Incombe l’esercizio provvisorio e, se non si riuscirà a trovare il bandolo della matassa finanziaria, persino il commissariamento. Seguono momenti di spaesamento, per la prima volta anche nelle file della blindatissima maggioranza dei 29 consiglieri grillini.

Cominciano a circolare le 60 pagine con le quali i revisori dei conti del Comune giudicano «non sufficienti gli spazi di finanza pubblica necessari al rispetto dell’equilibrio finanziario». Sono passati diversi mesi da quando il ragioniere generale del Campidoglio Stefano Fermante aveva lanciato l’allarme sui conti del Comune. Così come paiono dimenticate, in nome del ricorso al taglio degli sprechi e dell’appello a un assessore alle partecipate tutt’altro che antiliberista come l’imprenditore ex leghista Massimo Colomban, le mezze promesse sulla critica al Patto di stabilità e sulla partita dell’austerità e del pareggio di bilancio.

Tanto più che nello stop dei revisori a Raggi e Mazzillo si specifica anche che i risparmi previsti dalla giunta derivanti da quello che eufemisticamente viene definita «razionalizzazione della spesa», non appaiono possibili «se non a danno della qualità dei servizi erogati dall’ente ai cittadini». L’organismo punta il dito sulle «previsioni di entrate non strutturali» messe a bilancio: concessioni edilizie, contravvenzioni, recupero dell’evasione tributaria. Il pareggio dunque verrebbe raggiunto sulla scorta di «una non corretta previsione degli ingenti e imminenti oneri derivanti dai debiti fuori bilancio», cioè dalle voci di spesa non incluse nel documento finanziario. E si considerano poco realistiche le previsioni sulla gestione delle partecipate, uno dei campi di sfida più complessi della giunta. Il che apre al rischio di dismissioni e privatizzazioni.

Critiche durissime da destre e Pd, che chiedono a gran voce le dimissioni della sindaca per manifesta incapacità. Forse per la prima volta è molto perplesso anche Stefano Fassina, che finora ha avuto un atteggiamento interlocutorio ma che a luglio aveva invitato la maggioranza a cominciare a lavorare sul bilancio: «Noi siamo stati molto costruttivi soprattutto per rispetto ai tanti romani che hanno votato Raggi – dice il consigliere di Sinistra Per Roma – Ora dobbiamo prendere atto che c’è inadeguatezza politica e incapacità amministrativa conclamata».

Fassina lancia un appello a Beppe Grillo: «Una cosa è la propaganda e la campagna elettorale, altro è l’amministrazione di una città: il bilancio è il documento per dare i servizi fondamentali della città. C’è stata superficialità, forse inconsapevolezza, ma emerge ormai in modo innegabile, un nodo politico». Il capogruppo dei 5 Stelle in consiglio Paolo Ferrara si appella alla «situazione drammatica per la Capitale, che abbiamo ereditato e stiamo cercando con tutte le forze di risolvere». Poi si dice convinto della tenuta dell’amministrazione: «Si rassegnino – dice ancora Ferrara – noi non molliamo e faremo di tutto per difendere i diritti dei cittadini». Ma di sicuro c’è che adesso la strada si fa ancora più impervia.