L’Europa tende la mano a Renzi, che senza pensarci su due volte la morde. Fuor di metafora, la Ue apre un ampio spiraglio sulla legge di bilancio facendo sapere che oggi darà un via libera «condizionato», subordinato cioè a un nuovo esame nel gennaio prossimo. Il governo italiano, per bocca del sottosegretario Sandro Gozi, fa un passo avanti verso il veto al bilancio europeo. «Abbiamo confermato la nostra riserva sulla revisione del bilancio pluriennale, che senza il nostro accordo non può essere adottato, perché dobbiamo avere ancora molte garanzie sull’aumento delle risorse per le nostre priorità», spiega il sottosegretario.

Matteo Renzi preferisce metterla in toni più comizianti: «A nome mio Gozi ha messo il primo veto nella discussione sul bilancio. Non accettiamo che con i nostri soldi si alzino muri». Ma in serata chiarisce: «Quando si tratterà di discutere del nuovo bilancio europeo saremo pronti a mettere un veto, quella di oggi è una riserva, non siamo nelle condizioni di poterlo bloccare, ma siamo in grado di fare capire le nostre posizioni».

Entrambe le mosse, quella morbida europea e quella rigida italiana, sono interlocutorie. Non proprio ammuina, ma nemmeno realtà concreta. Oggi l’assemblea dei capi di Stato europei deciderà in sostanza di rinviare la decisione sulla legge di bilancio italiana, in modo da dare a Renzi il tempo di scavallare il referendum. Ufficialmente di qui a gennaio dovranno essere forniti chiarimenti sia sulle coperture sia sulle effettive spese dovute alle emergenze migranti e terremoto. Di fatto l’Europa si aspetta dall’Italia una correzione dei conti che oggi Renzi non potrebbe concedere.

Il «veto» italiano, almeno per ora, è una bomba-carta. Prima di tutto perché nell’assemblea di ieri non c’era nessun voto in programma e la «riserva» espressa dall’Italia non ha avuto pertanto alcun esito effettivo. Korcock, ministro degli Esteri della Slovacchia, il Paese a cui tocca il turno di presidenza Ue, ha ammesso le riserve dell’Italia e l’astensione dell’Uk. Ma siccome per il bilancio annuale 2017, a differenza di quello pluriennale 2014/2020, non è richiesta l’unanimità «andremo avanti a maggioranza».

In buona parte il balletto italo-europeo, sia sulla manovra che sul bilancio dell’Unione, deriva dall’effetto referendum. In effetti sia l’ok con riserva alla legge di bilancio italiano sia il semaforo arancione italiano alla revisione di bilancio europeo erano state di fatto annunciate più volte ed erano ampiamente previste.

L’Europa non può mostrarsi troppo fiscale con l’Italia alle porte di un referendum che non ha affatto valenza solo nazionale e Renzi, tanto più ora che è impegnato a cavalcare l’onda partita dagli States, deve per forza sfoderare la massima grinta nei rapporti con l’Europa. Nell’ultimo scorcio di campagna referendaria, il capo del governo si affida infatti a un messaggio doppio. Da un lato magnifica i risultati del suo governo, come il raggiungimento certificato ieri dall’Istat di quello 0,8% di crescita che è in realtà frutto di due revisioni al ribasso sulle previsioni iniziali e agita lo spauracchio, complice l’immancabile innalzamento dello spread, di un crollo in caso di vittoria del No. Dall’altro si erge a campione nazionale della rabbia popolare contro le élites facendo la voce grossa, almeno per ora senza alcun rischio, con l’Europa.

Dal forzista Renato Brunetta al Movimento 5 Stelle un po’ tutti nel mondo politico italiano interpretano così lo stato dei rapporti tra Italia e Ue, anche se Sinistra italiana, per bocca del suo capogruppo alla Camera Arturo Scotto, riconosce alla «riserva» espressa da Gozi importanza tale da imporre al governo di riferire in materia al Parlamento.

Ma all’effetto referendum si è ora aggiunto un «effetto Trump» che, sommato all’oggettivo stato di disfacimento sostanziale dell’Unione, potrebbe rendere il gioco delle parti molto più reale del previsto. Per la Ue l’eventualità di una frana in Italia, e non solo in Italia, era già temibile. Dopo la vittoria di Donald Trump quei timori sono moltiplicati all’ennesima potenza. Per questo, proprio oggi, la Ue dovrebbe varare un documento, già approntato dalla Commissione europea, che potrebbe segnare se non l’abbandono totale della linea del rigore almeno una sua moratoria per i prossimi due anni.