Otto dirigenti di alto livello – tra cui l’attuale presidente e due suoi predecessori – di Toshiba si sono dimessi martedì 21 luglio, nell’ambito del più recente scandalo di conti truccati che coinvolge una grande azienda giapponese.

Hisao Tanaka, Norio Sasaki e Atsutoshi Nishida, rispettivamente presidente, vicepresidente e consulente del consiglio di amministrazione di Toshiba, colosso giapponese degli elettrodomestici, delle costruzioni e dell’energia nucleare, hanno rassegnato le dimissioni dai vertici dell’azienda. La decisione dei vertici Toshiba arriva a un giorno di distanza dalla pubblicazione del rapporto di una commissione di indagine indipendente – nominata dalla stessa azienda di Tokyo – che ha posto al vaglio i bilanci dell’azienda tra la fine 2008 e la fine del 2014 rivelando profitti gonfiati per oltre 150 miliardi di yen (l’equivalente di poco più di un miliardo di euro) nell’arco dei sei anni. Nel rapporto finale consegnato ieri all’azienda viene evidenziato come le procedure di ritocco al rialzo dei bilanci fossero conseguenza diretta delle decisioni prese ai vertici sui vari rami del gruppo che riportavano risultati al di sotto delle aspettative. “Si è trattato di quella che in gergo si chiama falso in bilancio. Abbiamo inoltre riscontrato numerose procedure eseguite senza la minima consapevolezza della loro illegalità”, ha spiegato alla stampa il capo della commissione d’indagine, l’ex magistrato Koichi Ueda.

In un comunicato diramato nella giornata di lunedì, in seguito alla consegna del rapporto della commissione di indagine, Toshiba scriveva di aver preso atto della gravità della situazione e di scusarsi con azionisti e investitori, preannunciando l’esito della vicenda.

Nel corso di una conferenza stampa convocata d’urgenza, i tre manager dimissionari ribadito pubblicamente le proprie scuse e annunciato una ristrutturazione della dirigenza dell’azienda in modo da rendere le responsabilità della dirigenza chiare e riguadagnare la fiducia di investitori e azionisti. Insieme a Tanaka, Sasaki e Nishida lasciano infatti altri cinque componenti del consiglio di amministrazione.

I bilanci aziendali di Toshiba sarebbero stati gonfiati a partire dalla fine del 2008: sull’onda lunga del crack di Lehman Brothers, l’azienda aveva previsto di chiudere il terzo trimestre con un passivo di oltre 18 miliardi di yen. Secondo rivelazioni del Nikkei Shimbun, principale quotidiano economico giapponese, l’allora presidente Nishida, figura chiave della vicenda, avrebbe confessato all’allora responsabile del dipartimento informatica di non poter comunicare agli investitori numeri simili e avrebbe fatto pressione per ricorrere a vendite forzate a fornitori e distributori — pratica, scrive il giornale già in uso dal 2004 in particolare nel settore dei pc da anni in perdita — per alzare il volume di vendite. Le pressioni poi, rivela il rapporto d’indagine si sarebbero fatte più forti tra il 2011 e il 2012, a seguito dell’incidente alla centrale nucleare di Fukushima.

La notizia di uno scandalo contabile in casa Toshiba era comunque nell’aria già da tempo: a febbraio di quest’anno erano emerse irregolarità nel resoconto di perdite nel settore infrastrutture.

Lo scandalo Toshiba arriva a quattro anni di distanza da un altro caso simile che aveva riguardato la Olympus.