Bilal Erdogan è sotto indagine a Bologna almeno dall’inizio 2016, quando era ancora sotto le Due Torri per completare il suo dottorato all’università privata Johns Hopkins University. L’ipotesi è quella di riciclaggio e l’iscrizione nel registro degli indagati è avvenuta in conseguenza di un esposto presentato da Murat Hakan Huzan, imprenditore turco e oppositore politico di Erdogan, rifugiato da anni in Francia. Nell’esposto si chiedeva di indagare su eventuali somme di denaro portate in Italia da Bilal.

Proprio la presenza in Italia con moglie e figli di Bilal, 35 anni, aveva creato polemiche politiche in patria: ufficialmente la motivazione del trasferimento di Erdogan jr in Italia è stata la ripresa di un dottorato iniziato nel 2007 e che l’aveva già portato a Bologna nel 2009. Ma, secondo alcune fonti antigovernative citate nell’esposto, Bilal sarebbe volato in Italia a fine settembre 2015 «con una grossa somma di denaro» nell’ambito di un presunto «progetto di fuga».

Bilal non è un semplice studente, è socio dell’azienda di famiglia Bmz, una compagna che si occupa di trasporti marittimi e che è stata accusata dalla Siria di trafficare petrolio direttamente con l’Isis. Accuse che il giovane Erdogan ha sempre smentito con forza e che sono arrivate durante uno dei punti più bassi nelle relazioni tra Turchia e Russia, quando gli uomini di Vladimir Putin attaccavano con forza Ankara parlando apertamente dei legami creati dallo stato turco con il Califfato di Daesh.

Sopratutto l’arrivo di Bilal in Italia sarebbe da collegare a quella che sembra ormai un’altra (e archiviata visto gli ultimi eventi) epoca politica per la Turchia, una fase legata alla tangentopoli turca del 2013 che fece tremare il governo di Erdogan padre, poi ancora più indebolito dalla elezioni del giugno 2015. La «tangentopoli del Bosforo» fu poi contenuta, l’emergenza giudiziaria per il clan Erdogan rientrò con fatica, il crollo politico temuto da alcuni non ci fu, e la situazione tornò in qualche modo sotto controllo. Ma gli oppositori del regime continuarono a parlare di centinaia di milioni di euro spariti nel nulla. Soldi, questa la tesi di chi accusa il figlio del presidente Turco, che potrebbero in qualche modo essere connessi con i suoi viaggi all’estero.

Quando la notizia della presenza di Bilal a Bologna si diffuse in città, sui muri della zona universitaria apparvero scritte come «Erdogan stragista, Bologna non perdona» e «Erdogan terrorista». Per le scritte fu presentata querela. L’indagine su Bilal, che a marzo ha lasciato Bologna per «motivi di sicurezza», risulta ancora in corso.