La «vocazione culturale» della Torino post industriale si compone di luci e ombre. Il 2017 ha visto il tracollo dei visitatori dei musei civici e l’ennesimo trionfo della Muso Egizio di Torino. I primi, oggetto di feroci tagli da parte del Comune di Torino, hanno perso circa duecentomila visitatori. Il Museo Egizio guidato da Evelina Christellin Christian Greco ha totalizzato 850.465 visitatori nel 2017: record storico.
Successo dovuto al nuovo allestimento nonché ad un forte investimento nella promozione nazionale ed internazionale. Sugli autobus che girano per la città da qualche tempo campeggia questo annuncio, scritto in caratteri arabi: «E’ il momento di scoprire le meraviglie del Museo Egizio. Da oggi entri in due con un solo biglietto a tariffa intera. La promozione è riservata ai visitatori di lingua araba. Basta mostrare un documento. Solo per te due biglietti al prezzo di uno».

Spiega l’ufficio stampa del Museo Egizio: «Fa parte di una strategia volta ad ampliare il pubblico. Doveroso quindi tenere conto di una comunità con cui sono coinvolti per cultura di appartenenza del museo, in cui difatti ci sono anche le didascalie in arabo». Il direttore Christian Greco, sottolinea che «questo progetto non ha uno scopo commerciale, dato che mira ad una nuova forma di inclusione sociale, in una città che ha la fortuna di custodire una collezione importantissima, e non può dimenticare il Paese da cui questa proviene».

Giorgia Meloni leader nazionale ha però protestato via social: «E’ un promozione delirante: paghi un biglietto e ne prendi due se hai la carta d’identità araba. I cittadini lo hanno scoperto dalla pubblicità apparsa su autobus e tram, rigorosamente in lingua araba e senza traduzione e che ritrae una donna velata e un uomo dietro di lei che sorride. Ricordiamo che il museo Egizio di Torino prende sovvenzioni pubbliche, è finanziato coi soldi degli italiani e che tra i cinque membri del CdA ci sono un esponente designato dal Comune di Torino, uno dalla Regione Piemonte e il presidente nominato direttamente dal ministero dei beni culturali».

La replica non si è fatta attendere: «Non è discriminazione, facciamo anche campagne in lingua inglese su media rivolte al mondo anglosassone e aperture a prezzi scontati in alcuni giorni per tutti. La donna velata è stata scelta perché più riconoscibile e simbolica». Quanto ai soldi pubblici «non esiste problema perché il Museo si autofinanzia con i propri biglietti»