Si riunisce domani a congresso a Lecce la Siti, la Società italiana di igiene, prevenzione e sanità pubblica. Giunto alla 54esima edizione, è l’incontro annuale della principale società scientifica che unisce igienisti e infettivologi di tutta Italia. Il tema dell’incontro sarà «La sanità pubblica nel post Covid» e gran parte dell’assemblea verterà sul tema dei vaccini e della prevenzione delle epidemie.

A leggere il programma, nel post Covid la sanità pubblica dipenderà moltissimo dagli interessi privati. L’aula plenaria del Grand Hotel Tiziano, quella degli incontri più importanti, ospiterà infatti molti eventi sponsorizzati dalle case farmaceutiche, che all’evento hanno dato un «contributo non condizionante», secondo quanto afferma la stessa Siti. Il contributo sarà anche «non condizionante». Ma forse non è casuale se il congresso ospiterà un «Simposio Gsk» dedicato a «I nuovi vaccini dell’adulto: focus Herpes Zoster Virus»: la Gsk (sesta casa farmaceutica al mondo per fatturato) ha da poco reso disponibile in Italia un nuovo vaccino contro l’herpes. Nella stessa aula si terrà poi una «Lettura Pfizer» sullo «Stato dell’arte e nuove prospettive per la vaccinazione anti-pneumococcica nell’adulto e nelle categorie a rischio». Sarà una discussione di interesse generale, o c’entra forse il fatto che la Pfizer – oggi prima casa farmaceutica al mondo – produca anche il vaccino anti-pneumococco Prevenar 13, il prodotto dell’azienda più venduto al mondo prima del vaccino anti-Covid?

Anche la «Lettura Seqirus» dedicata a «Il valore della vaccinazione influenzale nell’era Covid-19» o il «Simposio Sanofi Pasteur» su «Covid-19 e influenza oltre l’emergenza: nuove soluzioni tecnologiche e di governance» potrebbe risentire di qualche conflitto di interesse, visto che Seqirus e Sanofi-Pasteur sono tra le maggiori produttrici mondiali di vaccini anti-influenzali al mondo. Proprio in queste settimane si sta decidendo se e come somministrarli insieme alla «terza dose» anti-Covid.

A questi incontri parteciperanno esperti di sanità pubblica impegnati nei centri di ricerca pubblici di università ed enti di ricerca, o nei sistemi sanitari regionali dove si decidono linee guida e acquisti.

Il conflitto di interesse nel settore farmaceutico non è certo una novità. «Basta dichiararlo e il problema è superato: anzi, ormai è considerato una salutare collaborazione tra pubblico e privato», ironizza Luca de Fiore, fondatore ed ex-presidente dell’associazione «Alessandro Liberati», il nodo della rete di ricerca indipendente Cochrane. L’integrazione tra industria farmaceutica e sanità pubblica è talmente stretta che difficilmente la ricerca pubblica può fare a meno di questa «collaborazione» in nome di una maggiore indipendenza. Proprio all’inizio della pandemia, il Parlamento ha approvato una legge che permette ai ricercatori di realizzare le valutazioni anche di farmaci prodotti dalle stesse aziende che finanziano l’istituto pubblico in cui lavorano, nonostante il rischio di conflitto di interesse. Senza quel via libera, gran parte dei test sui farmaci si sarebbero fermati.

L’interesse delle aziende in sponsorizzazioni come questa è evidente. «Le società scientifiche spesso partecipano alle elaborazioni delle linee guida adottate dal Ministero della salute e dalle regioni, dunque le aziende hanno tutto l’interesse a sostenerle», spiega ancora De Fiore. Ma non si può fare altrimenti? «Sì, si può. Ci sono società scientifiche che tengono maggiormente alla loro indipendenza. L’Associazione Italiana di Epidemiologia, ad esempio, che tocca tematiche simili a quelle della Siti, per le sue attività convegnistiche non riceve finanziamenti dalle aziende farmaceutiche. Evitare i conflitti d’interesse è possibile».