L’inchiesta del Guardian sulla vasta iniziativa di spionaggio della Nsa, la National security agency, sembra in queste ore confermare le ipotesi dei complottisti più paranoici. Secondo le fonti del reporter Glen Greenwald, riprese poi anche dal Washington Post, l’agenzia segreta di sorveglianza avrebbe ottenuto accesso diretto ai server di società di telefonia cellulare come la Verizon e la AT&T oltreché Skype e social network come Facebook per monitorare l’intero flusso di telecomunicazioni del paese. Un progetto per una «rete di sorveglianza globale» di mastodontica ambizione orwelliana al cui confronto impallidiscono gli scandali sulle “semplici” intercettazioni della Associated press e la sorveglianza dei giornalisti che pure nelle ultime settimane avevano suscitato scalpore e indignazione e incrinato i rapporti fra stampa e Obama.

[do action=”quote” autore=”New York Times”]«L’amministrazione Obama ha ormai perso ogni sembianza di credibilita»[/do]

Come nel caso della Ap, l’acquisizione dei dati è stata una decisone unilaterale del governo giustificata da «rischi alla sicurezza nazionale», ma quella della Nsa è un’operazione ben più vasta, non mirata semplicemente a un giornalista o singola agenzia ma alla totalità dei dati contenuti nei giganteschi computer delle società informatiche, copiate in vista di una successiva analisi cui il governo si riserva preventivamente il diritto. Si tratta cioè di data mining, e non sorprende a ben pensarci che l’amministrazione che sulle banche dati degli elettori ha costruito due campagne elettorali vincenti, sia stata quella che abbia implementato lo sfruttamento massiccio dei dati. Lo shock per la base politica di Obama è che un governo in apparenza progressista stia superando le drastiche misure di sorveglianza del patriot act di Bush. In un corsivo sulle ultime rivelazioni, il New York Times l’altroieri ha scritto che l’amministrazione ha ormai «perso ogni sembianza di credibilita».

Il progetto della Nsa porta le semplici intercettazioni nell’era digitale introducendo l’analisi statistica dei flussi di comunicazione per «individuare tendenze anomale» su cui intervenire; è l’esatta descrizione del data mining per cui Apple, Google e i colossi informatici conservano tutti i dati incamerati immessi in miliardi di transazioni quotidiane online per determinare tendenze, commercializzare abitidini di consumo degli utenti e formuare strategie commerciali. È il nuovo vangelo cioè di Silicon Valley dove l’ultimo boom è quello dell’immagazzinamento dei dati, al punto che ben il 90% dei dati conservati nei server mondiali sono stati raccolti solo negli ultimi due anni, un dato impressionante considerando il mondo tecnologico e quanto già due anni fa fosse saturo di comunicazione mobile, cellulari, smartphone, mail, internet e post su social network. La mole immensa di dati disponibili – il big data – è sempre di più la materia prima della new economy, una risorsa che una volta “raffinata”, cioè organizzata e analizzata, è il nuovo “oro nero”. E per fortuita coincidenza proprio nella “capitale digitale” di San Jose, Obama, ieri in visita in Caliornia, ha ribattuto che «non è possibile ottenere il 100% della sicurezza e allo stesso tempo il 100% della privacy. Qualche inonveniente è semplicemente inevitabile».

In questo senso il data mining della Nsa rappresenta l’ adeguamento del governo alle macrotendenze di mercato e, in un mondo già saturo di telecamere di sorveglianza, dati Gps, ispezioni biomeriche negli aeroporti, analisi del Dna consentito alla polizia, una deriva di segretezza che concretizza lo spettro di una polizia “fantascientifica” con accesso totale e senza controlli. È impressionante la disinvoltura con la quale l’amministrazione Obama, ormai è evidente, abbia potenziato un apparato di sorveglianza segreta sotto la nominale autorità di tribunali federali anch’essi segreti, nella fattispecie il Fisa (Foreign intelligence surveillance court) che avrebbe approvato le inziative della Nsa, una presunta legittimazione democratica che invece si aggiunge all’inquietante lista di organi segreti dislocati in punti nevralgici dell’apparato di sicurezza, dalla selezione segreta degli obbiettivi dei droni ai tribunali di Guantanamo a quello che presiede in questi giorni il processo a Bradley Manning.

La Casa bianca ribadisce che ogni passo è stato intrapreso con l’approvazione informale del congresso le cui commissioni sono state informate di ogni iniziativa, i senatori Saxy Chambliss e Diane Feinstein della Senate intelligence committee hanno confermato ed espresso il loro assenso ai controlli nel nome della soltia lotta al terrorrismo. Ma per sua stessa natura il data mining è più atto appunto a rilevare tendenza di massa, una impennata di tweet durante una manifestazione o l’occupazione di una piazza ad esmpio, che non la telefonata individuale di un terrorista e si aprono così evidenti scenari di controllo sul dissenso che sono il lato oscuro dei social network tanto elogiati come strumento di protesta. Le rivelazioni hanno provocato le proteste maggiori della stampa, obbiettivo esplicito dei controlli, dalla sinistra liberal e dalla destra “libertaria” (ad esempio il leader tea pary Rand Paul che ha denunciato il «sopruso di governo») ma l’apparente appoggio della maggioranza del Congresso rende lo stato attuale delle cose il new normal, presumibilmente la nuova norma negli anni a venire.

In tutta la faccenda rimane da appurare il ruolo delle aziende da cui i dati sono stati ottenuti, da chiarire cioè se siano state vittime o collaboratori attivi. In fondo i monopoli informatici di Silicon Valey hanno interesse ad avere buone relazioni col governo, mentre si giocano partite importanti nel controllo globale del settore informatico e della proprietà intellettuale, quelle guarda caso all’ordine del giorno dell’incontro con il presidente cinese Xi Jinping ieri a Palm Springs.