Cosa è l’«altra albanesità» di cui parla Ardian Vehbiu nel suo libro Cose portate dal mare se non il desiderio degli albanesi, lungamente e più o meno segretamente coltivato, di sentirsi europei in un Paese isolato e povero, culturalmente e spiritualmente? Sulla nave mercantile Vlora che l’8 agosto di trent’anni fa attraccò nel porto di Bari e che il giornalista Oscar Iarussi ha definito come ‘l’icona dell’exodus novecentesco’, c’era una marea di ventimila desideri e sogni che spingeva la nave verso un’altra vita, un’altra possibilità di vivere la propria identità culturale in relazione con le altre e con gli europei. E tra loro c’era anche l’artista e scultore Helidon Xhixha (Durazzo, 1970) che coltivava sin da piccolo il sogno italiano e che nell’Accademia di Brera perfezionerà la conoscenza e l’incontro con l’arte italiana per poi intraprendere una carriera internazionale che lo porterà da Dubai a Berlino, da Londra a Parigi, da Vienna agli Stati Uniti. In Italia trova casa e qui realizza progetti importanti di arte pubblica monumentale come Iceberg per la Biennale di Venezia del 2015, una scultura in acciaio inox galleggiante nel Canal Grande per evidenziare i cambiamenti climatici, come The Twin Bottles del 2019 e come l’ultimo in ordine di tempo, Big Bang, un’enorme sfera in acciaio inox (480x480x480 cm) simbolicamente e permanentemente esposta dal 15 giugno nella nuova Piazza Italia di Tirana per ricordare i trent’anni trascorsi dallo sbarco della Vlora e per esaltare amicizia e solidarietà tra i due popoli. Un’opera che nobilita il dialogo culturale fra Italia e Albania, liberandolo dalle aspirazioni colonialiste e neocolonialiste che continuano a serpeggiare nel linguaggio politico, fa molto meglio e molto di più rispetto a quanto gli italiani hanno fatto nelle loro piazze, ad esempio Piazza Albania a Roma, ancora immersa nell’immaginario eroico e nazionalista di stampo mussoliniano. Il marmo di Carrara, il vetro di Murano e l’acciaio inossidabile, anche combinati tra loro, sono diventati i materiali preferiti con cui Helidon Xhixha lavora e che lui trasforma da materia inerte in forme dinamiche contemporanee proiettate nello spazio e nel tempo del futuro e dell’utopia, nello slancio di una umanità post-pandemica rigenerata, nel sogno di un pianeta e di un ambiente sostenibile. Geometrie, linee e forme che riflettono il cielo e l’ambiente circostante in sintonia con le architetture moderniste e neomoderniste consegnate nel Novecento dagli architetti italiani Gherardo Bosio e Marco Casamonti.

Come guardavi all’Italia prima di arrivarci? Cosa rappresenta per te l’Italia?

L’Italia è sempre stata per me un paese che sprigiona bellezza storia e cultura da ogni lato. È il luogo per eccellenza più ambito dagli artisti internazionali per la propria formazione artistica. Con le sue opere d’arte, lo straordinario patrimonio architettonico, le sue gallerie artistiche, i suoi teatri, le cittadine storiche e la sua natura l’Italia offre una fonte infinita di ispirazione. Non sarei l’artista che sono oggi se fossi rimasto in Albania.

La scelta di collocare Big Bang in Piazza Italia è venuta dall’Ambasciata…

Sì ed è stata accettata con grande entusiasmo da parte mia. La piazza rappresenta un punto incontro tra passato e presente, dall’architettura del periodo comunista alla progettazione contemporanea dello studio Fiorentino di Marco Casamonti. La piazza rappresenta un nuovo inizio in linea con il messaggio dell’opera stessa.

C’è un sentimento italiano in questa tua opera?

Big Bang è stata elaborata e progettata nel periodo di lockdown che ho passato in Italia. Ho seguito con grande dolore e tristezza le perdite umane che abbiamo affrontato nel nostro Paese in quel periodo ed ho cercato di dare supporto ai miei cari e conoscenti. L’opera è nata da queste emozioni portando un messaggio di positività e coraggio nel riprendersi e rialzarsi, per affrontare la vita con grande sentimento nei confronti della mia seconda patria.

Come, con quali forme hai voluto esprimere il presente pandemico e il desiderio di rinascita?

Partendo da un nucleo centrale, l’opera, realizzata in acciaio inox 316 marino, sprigiona forme cuboidi in ogni direzione simulando una liberazione di energia, uno scoppio, ha l’intento di ricreare il concetto di un’esplosione proprio come quella che ha dato origine alla vita secondo la teoria del Big bang. Quello di cui abbiamo bisogno per ripartire dopo un periodo così difficile è proprio un’esplosione di energia.

Esponi le tue opere sia in spazi pubblici che privati….

Essendo un artista monumentale gli spazi pubblici sono la vera dimora per le mie opere. Negli spazi pubblici il mio messaggio è libero ed aperto a tutti senza barriere di alcun tipo. L’arte ed in particolare la scultura monumentale riveste un valore fondamentale nella memoria collettiva in quanto sono delle testimonianze originali ed immortali del tempo in cui viviamo, quindi è fondamentale che siano accessibili a tutti. Esse raccontano la storia e la creatività umana.

Come reagiscono o hanno reagito le persone di fronte a Big Bang? Che relazione si crea tra te, la tua opera e il pubblico?

Ho visto con grande orgoglio che l’opera ha raggiunto il cuore e l’apprezzamento di molti e soprattutto da parte di passanti di ogni età e nazionalità. Piazza Italia è un punto di incontro per l’arte e la cultura, dove si organizzano eventi teatrali e musicali, un luogo dove si ritrovano le famiglie, ragazzi che si dedicano allo sport, e molti visitatori da ogni parte del mondo. L’opera ha instaurato tra me ed il pubblico un messaggio di speranza e di coraggio ma soprattutto di internazionalità e di legame tra due Paesi che hanno molto in comune. Il mio desiderio è che Big Bang diventi un simbolo di coraggio e di fiducia nel superare ogni difficoltà. La pandemia ha toccato tutti noi ed ha cambiato il nostro modo di vivere limitando la nostra libertà di movimento e interazione con gli altri.

Cosa è l’albanesità per te e come si esprime nelle tue opere?

L’ Albania è il mio Paese natale, rappresenta l’inizio del mio cammino e della mia creatività. Non è stato facile crescere sotto il comunismo ma è stata un’esperienza che ha rafforzato il mio carattere. Nelle mie opere porto gli insegnamenti di mio padre, anche lui artista. Essendo cresciuto in una città di mare, Durazzo, il mio rapporto con l’acqua si legge nelle mie opere dove viene ricreato quel riflesso e quei movimenti che gli appartengono.

Il tuo nuovo progetto con l’Ambasciata Italiana si chiama Unione di luce.

Unione di Luce è una mostra che intende attraversare l’esperienza e la sperimentazione artistica del mio percorso scultoreo. Una mostra che va oltre il suo alto valore culturale, concretizzando, nella prestigiosa residenza dell’Ambasciata italiana di Tirana, il legame e l’amicizia tra Albania e Italia.
Dai primi anni in Italia, alla mia consacrazione internazionale, fino all’attualità. La mostra espone le prime e le ultime opere da me create accompagnando il visitatore attraverso l’evoluzione dell’elaborazione della mia maturazione artistica spaziando dalle superfici lucide, alle interazioni tra differenti cromie, satinature, superfici trattate e le ruggini del corten.