E’ sempre più chiaro che i tempi e i modi per trovare una soluzione alla crisi in corso al confine tra Polonia e Bielorussia si decidono a Mosca. Ieri il premier Mario Draghi ha chiamato il presidente russo Vladimir Putin e oltre che di Bielorussia i due hanno discusso anche dei prezzi dell’energia e della crisi in Ucraina. Una nota del Cremlino spiega come Putin abbia accusato ancora una volta la Polonia di violare i diritti dei profughi e per i «casi di trattamento crudele dei migranti da parte delle guardie di frontiera polacche». Entrambi i leader si sarebbero infine trovati d’accordo sull’opportunità di avviare una cooperazione tra Ue e Minsk in modo da risolvere al più presto possibile la crisi

NIENTE DI NUOVO, insomma. La scorsa settimana era stato Emmanuel Macron a chiamare al telefono Putin. Il presidente francese aveva spinto perché il suo omologo intervenisse su Lukashenko mettendo così la parola fine alla tormentata vicenda dei migranti ammassati lungo la linea di frontiera dal dittatore bielorusso. Putin ha assicurato che avrebbe parlato con Lukashenko. Difficile capire se l’abbia fatto davvero e cosa si siano detti. Di certo c’è solo che una parte dei profughi spinti verso l’Europa è stata spostata in un magazzino adattato a ricovero e altri sono stati rimpatriati volontariamente. Ma altri ancora continuano a essere usati da Minsk per tenere alta la tensione alla frontiera. La solita tattica del bastone e della carota, in attesa di capire cosa accade anche lungo altri confini.

Nel frattempo la parola torna oggi di nuovo all’Unione europea. A Strasburgo verranno discusse le sanzioni contro le compagnie aeree sospettate di portare i migranti in Bielorussia, mentre per i primi di dicembre sono attese restrizioni simili anche da parte degli Stati uniti. Nel mirino ci sono in particolare le compagnie di paesi medio orientali e africani, mentre ieri il rappresentante della politica estera dell’Ue Josep Borrell ha annunciato che l’Uzbeskistan ha accettato di limitare i voli verso Minsk per determinate categorie di passeggeri.

SE SI FA ECCEZIONE per le sanzioni, la soluzione della crisi sembra davvero essere ancora lontana. Dopo i tentativi fatti dalla cancelliera Merkel di aprire un dialogo con Lukashenko, ieri a scanso di equivoci un portavoce della Commissione europea ha ribadito come i contatti con Minsk servano solo a verificare la possibilità di rimpatriare i migranti. Nessun dialogo, e tanto meno riconoscimento, del dittatore bielorusso. Parole commentate con durezza da Mosca dove la portavoce del Cremlino ha accusato l’Occidente di «trascinare» la Russia nella crisi migratoria in modo da poterla incolpare per quanto sta accadendo. A ruota anche Lukashenko. Il presidente bielorusso ha avvertito «leader e politici selvaggi» della Polonia a riflettere sulle conseguenze delle loro minacce, ma ha anche accusato l’Ue di rifiutare qualunque dialogo sul destino dei duemila migranti ancora bloccati al confine con la Polonia. Persone che per Lukascenko la Germania dovrebbe accogliere attraverso un corridoio umanitario. Secca la replica di Berlino, con un portavoce del governo che ha definito la soluzione come «non accettabile per la Germania e l’Ue».

Varsavia intanto si prepara a chiudere la frontiera con la Bielorussia. A dirlo è stato il premier Mateusz Morawiecki da Tallinn, in Estonia, dove si è recato nel fine settimana al termine di un tour diplomatico che lo ha portato anche in Lituania e Lettonia. Il blocco riguarderà i veicoli commerciali e verrebbe seguito da altre misure punitive. «La Polonia è faccia a faccia con un nuovo tipo di guerra, nella quale i migranti e l’informazione fuorviante vengono utilizzati come armi», ha detto Morawiecki.