Il vecchio leone Lukashenko ha deciso di combattere la sua battaglia fino in fondo. Ieri ben sapendo che sarebbe stato fischiato è atterrato con l’elicottero alla fabbrica Mzkt di Minsk che produce trattori.

I FISCHI SE LI È PRESI come era inevitabile ma è riuscito – a tratti – a parlare. «Finché non mi ucciderete non ci saranno nuove elezioni» ha dichiarato. Ha anche sostenuto che scioperare va contro gli interessi degli operai e che chi è ancora in prigione «lo è a buon ragione avendo tirato oggetti contro la polizia».

Non ha convinto nessuno e anche lui sembra non avere una strategia chiara in testa: dopo pochi minuti è tornato sul voto per dichiarare di essere «disposto a nuove elezioni ma solo dopo una riforma costituzionale e non sotto pressione della piazza». Un modo come un altro per prendere tempo sperando che la protesta si sgonfi. Le divisioni nella nomenklatura sembrano pesanti se il governo si è dimesso già a ferragosto (ma lo si è saputo solo ieri) ma per il momento nessuno degli alti papaveri sta facendo coming out.

I lavoratori hanno scioperato – alcune altre aziende si sono unite alla lotta (tra cui spicca la Belaruskalya, 16 mila dipendenti) ma per ora lo sciopero generale totale non c’è. I direttori delle fabbriche devono giocoforza confrontarsi nelle assemblee operaie ma la minaccia come un mantra è sempre la stessa: se non tornate in fretta a lavorare la fabbrica chiuderà.

UN PICCOLO PUNTO a sfavore per l’opposizione la quale sembra in alcuni momenti soffrire di una chiara leadership. Lo stessa proposta di coordinamento dei comitati di sciopero, in mancanza di un forte sindacato, per ora è rimasta solo sulla carta. In questo quadro è tornata a farsi sentire Svetlana Tikhanovskya, la candidata presidenziale delle opposizioni, dalla Lituania. Si è proposta come leader del paese usando toni roboanti («non sono un politico ma la storia mi ha consegnato il compito di guidare il paese») ma a Minsk – anche tra chi protesta – il suo appeal resta scarso. Dietro di lei si muovono forze ben consistenti, una teoria di paesi della Ue con in testa la Germania.

LO HA CONFERMATO il portavoce di Angela Merkel Steffen Seibert, dopo aver sentito al telefono proprio l’ex candidata alla presidenza bielorussa. Berlino le vorrebbe affidare il compito non solo di traghettare il paese a nuove elezioni ma di costituire un governo filo-occidentale con nomi di spicco della società civile bielorussa. Tuttavia la maggioranza dell’europarlamento ha votato una risoluzione che parla di Lukashenko come «persona non grata» negli Stati della Ue e non riconosce per la prima volta il risultato delle elezioni del 9 agosto, ma non ha invitato la Commissione a prendere misure particolari. Chi sta facendo lavorare la sua diplomazia è Putin.

Il moscovita Kommersant ritiene che ci sarebbe sul tavolo una proposta di mediazione russa al fine di «elidere Lukashenko e la Tikhonovskaya e costituire un governo tecnico che guidi la transizione e al nuovo voto presidenziale».