Continuano da oltre 90 giorni le manifestazioni e gli scontri a Portland, in Oregon, dove durante il fine settimana un corteo pro-Trump e pro-polizia ha attraversato la città, scontrandosi con la contro-manifestazione, e dove un uomo è morto per una ferita da arma da fuoco al petto. La polizia ha dichiarato di non sapere ancora a chi attribuire l’omicidio, e non ha divulgato il nome della vittima di cui si sa che indossava un cappello dei Patriot Prayer, un gruppo locale di estrema destra.

LA MANIFESTAZIONE pro-Trump di Portland aveva richiamato, in una città fondamentalmente liberal, centinaia di pullman di sostenitori di estrema destra di The Donald, che si sono scontrati più volte con gli oppositori, a pugni, spinte e con pallottole di vernice sparati dai sostenitori di Trump dai letti dei camioncini, e con lanci di oggetti da parte dei contro-manifestanti.
Dopo l’omicidio Trump ha scritto un fiume di messaggi su Twitter affermando che ciò che è «in corso a Portland non è inaspettato», e per rendere ancora più chiara la sua divisione tra buoni e cattivi, ha elogiato il corteo, definendo i suoi membri «Grandi Patrioti». Trump ha continuato aggiungendo: «Se questa barzelletta di sindaco non risolve tutto, entreremo e lo faremo noi per loro! Portland non si riprenderà mai con uno stupido come sindaco».

IL SINDACO DEMOCRATICO di Portland, Ted Wheeler, non è rimasto in silenzio, e in risposta ai tweet di Trump ha lanciato un messaggio forte indirizzato direttamente al tycoon: «Si chiede seriamente, signor presidente, perché questa è la prima volta da decenni che l’America vede questo livello di violenza?» – ha detto Wheeler durante una conferenza stampa – «È lei che ha creato l’odio e la divisione. La sua posizione è aggressiva, non collaborativa e io credo nelle modalità collaborative come ho già sottolineato, dicendo che lei deve fare la sua parte e io la mia, e che entrambi dobbiamo essere ritenuti responsabili». «Apprezzerei che il presidente ci sostenesse – ha concluso Wheeler – altrimenti si tenga fuori dai piedi».

IL PRESIDENTE aveva già chiesto che le forze dell’ordine federali venissero inviate a Portland per ristabilire l’ordine, ma Wheeler ha sempre pubblicamente rifiutato l’offerta. I fatti di Portland hanno concluso una settimana di violenze di strada che stanno diventando il tema più importante delle ultime settimane di campagna elettorale. Lo sfidante di Trump, il vicepresidente Joe Biden, ha a sua volta accusato il rivale di «fare il tifo per il caos e la violenza». Durante un discorso elettorale a Pittsburgh, il candidato democratico ha detto: «Gli incendi stanno bruciando e abbiamo un presidente che alimenta le fiamme invece di combatterle. Ma non dobbiamo bruciare. Dobbiamo costruire».

SU TWITTER TRUMP ne aveva avuto anche per Biden che aveva attaccato frontalmente scrivendo che «Gli Anarchici e gli Agitatori si sono lasciati trasportare e non ascoltano più, hanno persino costretto il Lento Joe a lasciare il seminterrato». Biden, impegnato nel primo comizio elettorale nella vicina Pennsylvania, ha risposto che il presidente «può credere che twittare di legge e ordine lo renda forte, ma il suo fallimento nel chiedere ai suoi sostenitori di smettere di cercare conflitti, mostra quanto sia debole. Trump è uno spettatore della sua stessa presidenza, una presenza tossica nella nostra nazione che da quattro anni avvelena il modo in cui ci parliamo, i valori che questa nazione ha sempre tenuto a cuore. Avvelena la nostra stessa democrazia. Siamo a un bivio: ci libereremo di questa tossina o la renderemo una parte permanente del carattere di questa nazione?»

Oggi Trump dovrebbe andare a Kenosha, in Wisconsin nonostante le richieste ufficiali dei leader locali di stare lontano dalla città (dove non incontrerà i parenti di Jacob Blake), nuovo centro nevralgico della crisi razziale americana. «Sono preoccupato per ciò che la sua presenza significherebbe per Kenosha e il nostro Stato – ha scritto il governatore democratico Tony Evers – Sono preoccupato che la sua presenza ostacoli la nostra guarigione e ritardi il nostro lavoro per superare le divisioni e andare avanti insieme».