Martedì sera la portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, ha annunciato che Joe Biden la prima telefonata da presidente a un leader mediorientale la farà al premier israeliano Benyamin Netanyahu. E di questo nessuno dubitava tenendo conto dei rapporti speciali (anche di più) con il principale alleato degli Stati uniti nella regione. A Riyadh invece non si aspettavano che la nuova Amministrazione Usa potesse dare anche uno schiaffo tanto forte al principe ereditario Mohammed bin Salman (Mbs), di fatto già al volante del regno, che nei passati quattro anni è stato uno degli interlocutori privilegiati di Donald Trump. Spiegando che la Casa Bianca ha intenzione di «ricalibrare» le relazioni con l’Arabia saudita, Psaki ha aggiunto che Biden tratterà direttamente con il re saudita, quindi non con Mbs. «La controparte del presidente è il re Salman» e i due si parleranno in un momento «appropriato», ha precisato la portavoce.

Non si commetta la leggerezza di cogliere nelle parole di Psaki una frattura nelle relazioni tra Washington e Riyadh. La portavoce ha subito sottolineato che l’Arabia Saudita ha esigenze di sicurezza che gli Usa intendono salvaguardare. Perciò i rapporti tra i due paesi restano ben saldi, nonostante il recente ritiro dell’appoggio statunitense alla guerra saudita in Yemen e il congelamento (temporaneo) della fornitura di armi americane a Riyadh. Piuttosto è in atto un distanziamento della Casa Bianca dal sostegno incondizionato dato da Donald Trump ai Saud. In particolare dal controverso, a dir poco, Mbs che i Democratici Usa, e anche alcuni Repubblicani, ritengono la mente dietro l’offensiva militare in Yemen che ha fatto migliaia di morti civili, il responsabile di violazioni dei diritti umani e il mandante dell’assassinio nel 2018 del giornalista Jamal Khashoggi. L’annuncio di Psaki è anche uno schiaffo a Jared Kushner, genero e consigliere di Trump, che aveva instaurato stretti rapporti di amicizia con Mbs.

In ogni caso il ridimensionamento di Mbs agli occhi degli Usa non significa che il principe ereditario adotterà una linea di basso profilo. In questi giorni il suo approccio in economia si dimostra altrettanto aggressivo di quello in politica estera. Riyadh è pronta allo scontro finanziario con la cugina Dubai. Il piano Project HQ approvato da Mbs intima alle società straniere di spostare la loro sede dagli Emirati nel regno saudita entro il 2024 o saranno escluse dai contratti governativi. Le imprese rimarranno libere di lavorare con il settore privato ma «fintanto che saranno legate ai programmi governativi, dovranno avere qui la loro sede regionale», ha avvertito il ministro delle finanze Mohammed al Jaadan. «L’Arabia saudita ha la più grande economia della regione – ha spiegato al Jaadan – mentre la nostra quota di sedi regionali è trascurabile, attualmente meno del 5%. Potete immaginare – ha aggiunto – cosa significhi questa decisione in termini di investimenti esteri diretti, trasferimento di conoscenze e creazione di posti di lavoro». Dagli Emirati fino a ieri sera non erano arrivate reazioni.

Mohammed bin Salman ha presentato ambiziosi piani di sviluppo che mirano a diversificare l’economia del regno dipendente dal petrolio anche a costo di strappare agli Emirati le aziende straniere che fanno base a Dubai. Piani ora minati dalla crisi economica causata dal coronavirus. Secondo dati della Reuters, l’Arabia saudita dovrebbe vedere una crescita del suo Pil del 2,8% quest’anno, in calo rispetto al 3,1% previsto tre mesi fa. L’economia degli Emirati invece dovrebbe crescere del 2,2% quest’anno, rispetto al 2,7% previsto quattro mesi fa.