L’ex agente di polizia Derek Chauvin è stato riconosciuto colpevole per la morte di George Floyd. Il verdetto conferma per l’ex poliziotto tutti e tre i capi di accusa: omicidio colposo, omicidio di secondo grado preterintenzionale e omicidio di terzo grado.

Il verdetto è stato accolto da applausi e grida di gioia che da Minneapolis sono risuonate a New York, Chicago, Philadelphia, Dallas e in tutte le città dove, temendo un risultato diverso, i negozi erano stati barricati e gli elicotteri giravano per monitorare una situazione che era un’esplosione annunciata. E l’esplosione c’è stata, ma di sollievo. Giustizia per George Floyd è fatta.

Dopo tre settimane di audizioni, 46 testimoni, e la continua riproposizione delle ultime immagini di George Floyd, ucciso a Minneapolis, in Minnesota, il 25 maggio 2020, il processo è arrivato al verdetto.

IL COMPITO NON ERA FACILE per i giurati, 12 persone, 6 bianche, 4 nere e 3 multirazziali, in quanto si trattava di esprimersi su 3 capi d’accusa; i giurati devono riesaminare filmati e testimonianze, mentre per tutta la durata di questa ultima parte del processo sono chiusi e isolati in un albergo per cercare di non subire pressioni da parte del mondo esterno. Il secondo giorno di discussioni per arrivare a un verdetto, si è svolto dopo che, tanto l’accusa quanto la difesa, avevano presentato le arringhe conclusive, durate quasi 6 ore, incentrate su visioni molto diverse sulle circostanze che hanno portato alla morte di Floyd.

Se per l’accusa è stato un atto deliberato da parte di Chauvin, per la difesa il poliziotto ha solo seguito il protocollo mentre era circondato da una folla inferocita. Mentre gli Stati Uniti aspettano di sapere cosa verrà deliberato, Minneapolis si prepara a potenziali disordini; il tribunale in cui si tiene il processo è circondato da filo spinato, recinzioni, barriere di cemento e dozzine di truppe della Guardia Nazionale, in città le vetrine dei negozi sono già state murate con il compensato e i membri della Guardia Nazionale si stanno aprendo a ventaglio per la città; il governatore democratico del Minnesota Tim Walz e i funzionari locali hanno cercato di mostrare solidarietà con gli attivisti della comunità afroamericana, e hanno sottolineato di volere dare la priorità alle tecniche de-escalation, «in ogni caso», ha sottolineato Walz parlando ai giornalisti.

LA TENSIONE non si era fermata ai confini di Minneapolis; anche a New York, Los Angeles, Chicago, Dallas, Philadelphia, si respira un’aria da prima della tempesta nel timore di nuovi scontri generati da un verdetto blando. L’isolamento e le pressioni dell’opinione pubblica sono stati due elementi importanti tanto che si è anche parlato di annullare il processo visto che uno dei giurati viene da Brooklyn Center, la cittadina poco lontana da Minneapolis, dove da 10 giorni vi sono proteste e violenti scontri con le forze dell’ordine a causa dell’uccisione da parte della polizia di un altro afroamericano, il 20enne Amid Wright, al punto che il sindaco ha emesso un ordine per il coprifuoco.

SUL PROCESSO CHAUVIN si era espresso in giornata, senza grosse parafrasi, anche il presidente Joe Biden, rispondendo a una domanda di una giornalista della CNN ha detto di stare «pregando che il verdetto sia il verdetto giusto, il che penso sia di un’evidenza schiacciante dal mio punto di vista. Non lo direi se la giuria non fosse stata sequestrata e isolata ora, non mi sentireste parlare così».

L’ESTERNAZIONE DI BIDEN è molto inusuale per un presidente, ma Biden, che anche da senatore è stato molto attento al sentire della sua base, è consapevole del ruolo giocato dalla comunità afroamericana nella sua elezione, e ha voluto rimarcare il proprio appoggio in quello che è un tema cruciale.

Diverse le reazioni per le dichiarazioni della deputata 82 enne Maxine Waters, che dopo aver partecipato a una manifestazione BLM a Brooklyn Center ha dichiarato che in caso di una sentenza ingiusta i manifestanti dovrebbero rimanere nelle piazze e alzare il livello della protesta.
Il leader della minoranza Rep alla Camera Kevin McCarthy, ha accusato Waters di «incitamento alla violenza» e ha chiesto ai democratici di agire contro la deputata, ma i dem hanno difeso Waters, e la presidente della Camera Nancy Pelosi ha detto di non credere che Waters debba nemmeno scusarsi.