Quattro anni fa, già prima che l’alleato Donald Trump facesse ingresso alla Casa Bianca dopo aver sconfitto Hillary Clinton, il governo israeliano diede il via libera alla costruzione di migliaia di case negli insediamenti coloniali in Cisgiordania e Gerusalemme Est. Una colata di cemento proseguita per quattro anni con l’approvazione del tycoon repubblicano sconfitto alle presidenziali dello scorso 3 novembre. Ma fu anche una vendetta contro l’ex presidente Barack Obama che, giunto al termine del suo secondo mandato, non impose l’abituale veto Usa a una risoluzione di condanna delle colonie israeliane presentata al Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Ora il premier Benyamin Netanyahu gioca in anticipo sul giuramento di Joe Biden e annuncia che Israele «porterà avanti» la costruzione di circa 800 alloggi nella Cisgiordania occupata. I media israeliani spiegano che la mossa è stata decisa in considerazione della contrarietà – in verità a parole e non nei fatti – dei presidenti democratici, quindi anche di Biden, nei confronti di una ulteriore massiccia espansione degli insediamenti ebraici che potrebbe compromettere le residue possibilità di realizzare la soluzione a Due Stati, Israele e Palestina.

Tra le colonie ci sono Itamar, Beit El, Shavei Shomron, Oranit e Givat Zeev e l’avamposto di Nofei Nehemia che diventerà un insediamento a tutti gli effetti. Netanyahu, mosso anche da considerazioni elettorali (Israele tornerà al voto il 24 marzo), ha detto che una delle colonie dove saranno costruite le nuove case è Tal Menashe dove abitava Esther Horgen, un’israeliana uccisa il 20 dicembre scorso da un palestinese. I coloni hanno ottenuto anche un altro successo. Dopo giorni di proteste violente a Gerusalemme e sulle strade della Cisgiordania, dove hanno ripetutamente preso a sassate i veicoli palestinesi di passaggio, è stato arrestato il poliziotto coinvolto nella morte di un colono adolescente, Ahuvyà Sandak, avvenuta due settimane fa, in un incidente stradale avvenuto durante un inseguimento della polizia. L’agente, che vive sotto protezione avendo ricevuto minacce di morte, è sospettato di aver intralciato le indagini perché ha riferito la sua versione dei fatti al giornale Maariv. Un’accusa chiaramente formulata per placare le proteste dei coloni. I genitori di Sandak hanno ricevuto le visite di condoglianze di Netanyahu e del ministro per la sicurezza interna Amir Ohana.