Il neo ministro Patrizio Bianchi prenderà le sue prime decisioni sulla scuola questa settimana. La priorità è fissare la modalità dell’esame di maturità: «Ho ben presente il bisogno di informazione; i ragazzi stiano tranquilli», precisa. E per farlo userà anche quanto preparato da chi lo ha preceduto al ministero: Lucia Azzolina che sembrava propendere per un esame «light», come avvenuto l’anno scorso dopo la prima ondata pandemica: «So che è stata già fatta una grande istruttoria e ho sempre rispetto per il lavoro realizzato da chi mi ha preceduto», ribadisce.
La sua attività a viale Trastevere è cominciata ieri incontrando i direttori generali centrali e i direttori degli Uffici scolastici regionali (Usr). «La scuola rappresenta il presidio dello Stato sul territorio e deve poter dialogare con le comunità locali» ha detto durante gli incontri. «La comunità scolastica – ha aggiunto Bianchi – è viva più che mai e deve ritrovare il proprio orgoglio, avendo reagito alla pandemia con grande spirito di servizio e capacità di innovazione».
L’ex assessore alla Sviluppo, scuola e formazione dell’Emilia-Romagna sembra avere le idee chiare: «Partiamo dicendo che docenti e studenti nel 2020 hanno lavorato tanto, questo va riconosciuto. E diciamo, poi, che i ritardi e le mancanze sono diversi, a seconda delle aree, delle scuole. Ecco, dovremo intervenire su quella fascia che ha sofferto la didattica a distanza, in particolare gli adolescenti del Sud e delle aree interne. La pandemia ha messo a nudo i divari e le disuguaglianze esistenti nel nostro paese – ha sottolineato Bianchi – . Chi era già in condizione di svantaggio per situazione personale o sociale si è impoverito ancora di più».
L’obiettivo è dunque «riportare gli studenti in classe, come abbiamo riaperto le scuole in Emilia dopo il terremoto del 2012 – dice Bianchi – gli istituti a pezzi erano centinaia, allora. La sicurezza delle scuole, sia pandemica che strutturale, sarà un punto forte del mio mandato. Riporteremo i ragazzi in classe con la giusta cautela e gli investimenti del Recovery fund».
L’altra priorità sarà la copertura delle cattedre a settembre: «La cosa confortante è che il presidente del Consiglio conosce i problemi, in generale e nel dettaglio – rileva Bianchi – serve mettere mano alla questione e farlo adesso per avere docenti a settembre».
Le reazioni dei sindacati sono prudenti ma positive. «In classe al 100% sì, ma facciamo i conti con le varianti: per un ritorno in presenza in sicurezza vanno messe in campo misure da gestire a livello nazionale. Serve un governo nazionale dell’Istruzione», spiega il segretario nazionale di Flc Cgil, Francesco Sinopoli. «Quanto è accaduto in questi mesi – rileva il sindacalista – è grave. Servono azioni: chiarezza sui dati del contagio negli edifici scolastici; aggiornamento dei protocolli di sicurezza che contempli anche un programma di screening periodico della popolazione scolastica ed implementazione della campagna vaccinale, dato che l’età media dei docenti è sopra i 55 anni. »E bisognerà risolvere gli altri problemi insoluti – prosegue Sinopoli – Il prossimo anno scolastico sia stabile grazie alla stabilizzazione dei precari, da pianificare subito. Guardando alla scuola in prospettiva c’è necessità di un organico aggiuntivo Covid; di una riduzione alunni per classe; di un tempo-scuola più ampio; di trasporti. Temi che porremo nel presidio di oggi a viale Trastevere, programmato prima del cambio di guida del dicastero», annuncia Sinopoli.
«Sono convinto che l’obiettivo sia tutti in classe, ma bisogna capire come. Le scuole vanno rese sicure con presidi sanitari, tamponi rapidi, tracciamento vero e vaccinazioni. Mi auguro che il ministro Bianchi ci convochi presto e collaboreremo a far tornare la scuola in sicurezza». Lo ha detto Pino Turi, segretario nazionale di Uil scuola.
Positivi anche i presidi. «Condividiamo l’auspicio del ministro Bianchi di riportare tutti i ragazzi in classe, ma bisognerà valutare la fattibilità tecnica di questa ipotesi. La presenza è possibile nel rispetto delle regole di distanziamento», dice Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi ricordando che «abbiamo sempre il problema della inadeguatezza degli edifici e degli spazi che non sono ovunque ottimali».