«Renzi punta continuamente i piedi, ho la sensazione che non abbia le idee chiare in questo momento…». Alla fine dell’ennesima giornata di trattative che non portano a nulla, Goffredo Bettini rivela a Zapping su Radio1 tutta la stanchezza sua e del Pd per una mediazione che non riesce a decollare.

Bettini ricorda che Conte per il Pd resta «un punto di equilibrio imprescindibile», ribadisce le richieste di un «patto di legislatura» e di una «ripartenza del governo», apre a una «crisi breve, gestibile, senza fibrillazioni» per un Conte ter, spiega che «rimpasto non è una parola tremenda», soprattutto se si punta a «rafforzare la squadra» con l’ingresso dei big, per dare un carattere più strutturale all’alleanza giallorossa.

Nei fatti, queste sono le concessioni massime che il Pd può offrire al senatore di Rignano, se l’obiettivo è non buttare a mare l’alleanza con i 5 stelle. «Renzi ha presentato moltissimi punti di discussione, questo affollamento va bene se è figlio di una sincera voglia di contribuire, non va bene se è solo voglia di perdere tempo», dice Bettini. O peggio se l’obiettivo, come ormai pensano in tanti nel Pd, è sostituire Conte con un supertecnico come Mario Draghi. E’ questo il vero nodo che divide Zingaretti da Renzi: affossare o meno Conte e con lui l’asse giallorosso per aprire una nuova stagione politica di larghe intese.

Bettini non si sottrae alla domanda e ribadisce: «Non bisogna tirare la giacca a una personalità così importante che può venire utile in ogni momento per l’Italia, non credo che gettarlo in una mischia così confusa possa aiutare». Poi il succo: «Abbiamo già avuto esperienze di governi tecnici con personalità di prim’ordine come Mario Monti. Non è andata molto bene, la rinuncia della politica non aiuta la democrazia e alimenta il populismo».

Su questo schema, almeno per ora, non si transige. Poi certo, se Renzi davvero romperà, e se Conte non dovesse superare la conta in Senato si aprirebbero anche altri scenari. Ma per ora i dem non li alimentano. Anzi. Le interlocuzioni delle ultime ore con il capo di Italia Viva hanno fatto precipitare gli animi verso il pessimismo. Al Nazareno sono scettici su un esito rapido e positivo della crisi in atto da settimane. Vedono i continui rilanci di Renzi (ieri avrebbe fatto sapere agli ex compagni di partito di volere il ministero dell’Economia per il suo partito) come una corsa verso la crisi.

E così ci si prepara ad allacciare le cinture, consapevoli che prima di arrivare alle elezioni anticipate (soluzione che non spiacerebbe a Zingaretti e ai suoi fedelissimi che potrebbero comporre il nuovo gruppo parlamentare e liberarsi di Renzi una volta per tutte) c’è una lunga traversata da fare. Con mille insidie e il rischio che il Pd si spacchi in varie faglie, da una parte i contiani come Franceschini e Gualtieri, dall’altra un gruppo che -una volta aperta la crisi- potrebbe seguire le sirene renziane di un governo tecnico. I sospetti aleggiano soprattutto sul gruppo del Senato, modellato da Renzi nel 2018 e guidato dall’ex fedelissimo Andrea Marcucci.

E così, mentre Bettini non chiude all’ipotesi di una maggioranza alternativa al Senato senza i renziani aprendo all’ala liberale di Forza Italia guidata da Renato Brunetta («Non sarebbe un’eresia»), Marcucci precisa: «Senza i senatori di Italia viva, al Senato non c’è maggioranza».

Bettini invece non esclude la conta in aula: «In quel caso il parlamento si assumerà le sue responsabilità». L’idea del consigliere di Zingaretti è che in aula potrebbe arrivare il sostegno non di qualche «senatore disperato e isolato», ma di un’area liberale che «sull’Europa ha le idee chiare e ha posizioni non molto diverse da quelle di Renzi e Calenda». Un pezzo di Forza Italia.

Scenari. Il punto vero è che al Nazareno si son o perse le redini della crisi. E ora torna l’istinto di sedersi a guardare cosa faranno Conte e Renzi. «Ci teniamo pronti a tutti gli scenari, la riunione della direzione è rimasta aperta…», fanno sapere. Carte coperte, ma anche nervosismo. La minaccia delle urne, da usare contro Matteo, è sparita dai radar. La pazienza pure. Gli appelli a Conte a darsi una mossa e ad uscire dall’arroccamento non si contano più. Ma non producono risultati.