Caro Giuliano, nell’appello di Campo Progressista che indice l’incontro nazionale di luglio, c’è un messaggio fondamentale: l’allarme per il distacco tra i cittadini e il potere. Per tentare di recuperare il terreno perduto servirebbe un soggetto del centro sinistra ampio e unitario: fondato non sulle divisioni, ma sulle idee e l’ascolto reciproco; sorretto da una rete di luoghi aperti dove le persone dovrebbero incontrarsi, discutere e deliberare. Tutto il contrario degli attuali partiti.

Tu hai praticato con coraggio questi principi nell’azione di governo a Milano. E oggi Milano, non a caso, è una città più competitiva, moderna e giusta. Io, nel mio partito, da anni lotto perché si generalizzi la consapevolezza del baratro in cui siamo precipitati.

Ho usato più volte il termine “agorà”; come idea di un diverso modo di stare insieme. Ma l’importanza di questo tema è proporzionale all’indifferenza che esso suscita nelle classi dirigenti.

Il futuro lo vedo ancora più difficile.

Non ci aiuterà uno schema elettorale proporzionale (l’opposto di quello che sostenemmo essere il fondamento del Pd); la spaccatura nella sinistra; il duello di vertice tra Grillo e Renzi; il ritorno ancora una volta di Berlusconi (tanto di cappello!) destinato a governare con il Pd; la concezione della sinistra radicale, ancora popolata di tenenti e luogotenenti alla ricerca di un ruolo per contare.

So che mettere in discussione se stessi è difficile. Ma è venuto estenuandosi un ciclo politico che tutti ha coinvolto.

I populismi nascono da questa crisi non affrontata dalle forze democratiche. Sono nati così i nazionalismi odierni; per molti aspetti simili a quelli che divorarono la democrazia negli anni 20 e 30 del ‘900. Alla crisi democratica, come ha ricordato Prodi nel suo limpido saggio, si è aggiunta l’incapacità di gestire il nuovo quadro sociale ed economico di stagnazione e regresso; dovuto al mescolarsi dell’innovazione tecnologica, della globalizzazione e della finanziarizzazione dell’economia reale.

Che fare?

Mi rivolgo a te da compagno del Pd; che ha contribuito a fondare e che non concepirebbe continuare a fare politica fuori di essa. Ma che, insieme ad altri in un’area di minoranza, quella che al congresso ha sostenuto Orlando, continua a vedere in lui una speranza.

Tuttavia Renzi ha vinto e ha il diritto e dovere di indicare una strada, senza temere che dall’interno qualcuno ostacoli le sue scelte. Tutti lavoreremo, alle elezioni, per una grande vittoria del Pd. Detto questo, spetta a noi della minoranza, negli organismi dirigenti, indicare un’altra via. Tenendo alto il punto di riferimento di un’alternativa fondata su un centro sinistra largo e rinnovato.

Ma, oltre a questo dobbiamo impegnarci a fare ciò che il partito di Renzi non farà mai. Viva le magliette gialle che puliscono Roma! Ma gli iscritti e gli elettori del Pd meritano di più. Sentirsi parte viva di un progetto che cammina sulle loro gambe; esercitare una militanza attiva, capace di stabilizzare spazi di discussione e deliberazione reale. Persino imprevedibile nei suoi sviluppi.

Solo così la gente, forse, tornerà a sperare.

Caro Giuliano, perché questi spazi non si possono praticare insieme già da ora? In modo aperto, al di là degli steccati dei partiti; per sedimentare qualcosa di ricco e nuovo alla base della piramide. Perché senza quella base le battaglie di vertice potranno avere lampi momentanei, ma prepareranno altri periodi di oscurità.

  • europarlamentare Pd