Federico Ercole
Death Stranding: gioco dell’anno e del decennio, Kojima vandalizza con grazia mozartiana e punk i modi di giocare, sottrae il meglio dal meglio e lo varia, danzando sulla tomba delle convenzioni della critica e del pubblico.
(In ordine sparso)
Sekiro: il dialogo più intimo, severo ed educativo con Hidetaka Miyazaki.
Fire emblem three houses: lo scacco matto diventa narrazione del favoloso e questo cronaca di oggi.
Control: la brutalità della burocrazia non amministra l’irrazionale fulgore dell’illogico.
Resident Evil 2: il gioco sul gioco, come il trucco sulla carne applicato da un Tom Savini demiurgo.
Luigi’s Mansion 3: se il fantasy diventa roba(ccia) solo per adulti, l’horror si adegua ai bambini.
Kingdom Hearts 3: incompreso e altissimo trattato sulle personalità multiple.
A Plague Tale’s: la morte dell’arcadia nel trionfo dei ratti di Osobo.
Devil May Cry 5: le danze metal, pesantissime e talvolta sensuali di Dante & co.
Gris: la resurrezione del colore nel nero-grigio del lutto.
Legend of Zelda Link’s Awakening: la deliziosa bellezza di un mondo di pupazzetti gommosi non nega l’epica e una sfida più ostica di tanti giochi per “grandi”.
Blasphemous: la delirante epopea del supplizio tra le sanguinanti piaghe flagellate dell’iconografia cristiana più orripilante.
Judgement: sempre bello tornare a Kamurocho.
(giocati in ritardo)
Celeste: le ostiche piattaforme della depressione, difficile quanto appagante.
Return of the Obra Dinn: la migliore indagine virtuale.

Francesco Mazzetta
Per quest’anno mi sia consentito segnalare solo 2 opere videoludiche, non perché i videogiochi degni di nota siano stati pochi, ma per dare risalto ai due che mi paiono maggiormente originali. Di questi uno è un «indie» e l’altro un «tripla A».
Heaven’s Vault (Inkle) è il gioco indipendente e Death Stranding (Kojima Production) quello ad alto budget. Entrambi a proprio modo contribuiscono a ridefinire l’esperienza ludica. In entrambi l’«ergodicità» è imprescindibile dall’esperienza narrativa. In Heaven’s Vault il giocatore è chiamato a ricreare la storia di una civiltà perduta studiandone i resti e traducendone i testi. Death Stranding, criticato per la presunta povertà di gameplay, unisce tutti gli elementi a disposizione del medium videoludico, compresa la possibilità di utilizzare l’espressività di attori conosciuti al grande pubblico, per far vivere ai giocatori la storia complessa ed emotivamente coinvolgente di un mondo venturo minacciato dai fantasmi. Se in Heaven’s Vault è immediatamente evidente la ricchezza e l’originalità del gameplay, nell’opera di Hideo Kojima, paradossalmente il livello grafico sembra oscurare la grandezza del concetto di realtà aumentata riportato all’interno di un videogioco. Ricostruire la civiltà virtuale, in entrambi i casi, si rivela compito epico e imprescindibile (anche per riflettere su come invece stiamo ogni giorno di più distruggendo quella in cui viviamo).

Andrea Lanza
Days gone (PS4): un’avventura open world, sulla carta prevedibile e derivata da Last of Us, che si trasforma in una vera esperienza videoludica. Tutto funziona, anche le imperfezioni, in una storia che alla fine ti commuove e vorresti non finisse mai.
The Dark Pictures: Man of Medan (PS4 e Xbox One): lo stesso team del terrorizzante Until dawn torna alla carica con un horror ambizioso e figlio della serialità tv. Il gioco vive di alti e qualche basso, ma l’avventura, pur se corta, cattura per l’eccellente comparto grafico e l’alta spettacolarità della storia.
Resident evil 2 (PS4, PC e Xbox One): il capolavoro Capcom del 1998 in una versione scintillante next gen. Non migliore del suo modello, ma comunque un gran gioco: veloce, divertente e con situazioni amate dai fan rielaborate.
Daymare: 1998 (PC): un capolavoro di terrore creato da un team italiano (Invader Studios) che, anni fa, ha fatto tremare la Capcom con un remake pazzesco e non ufficiale del suo Resident Evil 2. Se la grafica non fa faville, lo stesso non si può dire del resto: un’opera capace di intrattenere e farci tremare come non succedeva dai tempi gloriosi dei giochi horror su Ps1. Presto uscirà su console ma su Steam è già disponibile.
Far cry: New Dawn (PS4, PC e Xbox One): più che un’espansione di Far Cry 5, un gioco indipendente e fruibile anche dai neofiti. L’opera open world Ubisoft è gigantesca ed è tremendamente divertente con personaggi pazzeschi, una grafica coloratissima e una storia avvincente. Sarebbe un capolavoro se non esistesse Far Cry 5.

Matteo Lupetti
Per capire perché Lichenia di Paolo Pedercini (Molleindustria) sia «il videogioco del 2019» bisogna partire da cosa sia stato il 2019. Il 2019 è stato l’anno in cui la discussione sul cambiamento climatico è entrata nel dibattito pubblico e (ancora superficialmente) in quello politico. È stato l’anno in cui abbiamo familiarizzato con l’idea di Antropocene, una nuova epoca geologica segnata dall’impatto umano sulla Terra: le nostre scorie (radioattive, plastiche, biologiche, gassose, minerali) sono memorizzate nei ghiacci e negli strati rocciosi, e decine di milioni di anni dopo la Pangea la nostra tecnologia ha nuovamente riunito i continenti e disperso su tutta la Terra le loro specie biologiche (mentre causava estinzioni di massa). Il 2019 ha segnato anche i 30 anni dalla pubblicazione di SimCity di Will Wright, classico del videogioco e formalizzazione/glorificazione digitale della città del capitalismo. Lichenia unisce cambiamento climatico e rielaborazione critica di SimCity in un gestionale di città pensato per l’Antropocene: non partiamo da un ideale territorio vuoto, come in SimCity, ma dalle rovine della catastrofe climatica, e il nostro compito è usare pochi e inizialmente misteriosi strumenti per ricostruire. In Lichenia città, natura ed ecologia sono sistemi vivi e solo in parte controllabili che noi dobbiamo comprendere e a cui dobbiamo adattarci in cerca di un possibile equilibrio. Lichenia è disponibile gratuitamente su https://molleindustria.org/lichenia/.

Claudio Cugliandro
Il 2019 è stato un anno che ci ha dato molto. Dopo averci stupito con Sorcery e 80Days, Inkle Studios ci regala Heaven’s Vault, un gioiello di narrativa interattiva che riesce ad amalgamare con incredibile efficacia esplorazione, approfondimento e complessità in una formula forse ostica per i più, ma incredibilmente appagante per chi riesce a farsi trasportare. Nel mentre, con Telling Lies, Sam Barlow porta ulteriormente avanti il suo discorso formale sul videogioco e la narrazione interattiva, esplorando la formula che lo aveva fatto conoscere al mondo con Her Story, arricchendola e usandola per una decisa presa di posiziona politica. E poi Disco Elysium, semplicemente un capolavoro di letteratura post-moderna, e Mosaic, un trionfo interattivo tra Brazil e 1984. E ancora, Stillness of the Wind e i rapporti tra campagna e città, modernità e tradizione; Pathologic 2, in un oscuro, macabro e pestilenziale viaggio tra immaginarie steppe dell’Est Europa; Sky, il ritorno di Jenova Chen e del suo Flow, che vanta oramai più imitazioni di Da Vinci. E infine Ape Out, con la sua gioiosa, brutale e liberatoria violenza scimmiesca, con ritmi africani e moderni che accompagnano la bestiale foga del giocatore che si fa animale; Kind Words, che fa l’esatto opposto, mettendoci di fronte a un altro ignoto e, spesso, bisognoso, chiedendoci di essere più umani, di connetterci con l’altro senza chiedere nulla in cambio; ed Eliza, un racconto intimo e complesso sulla condizione giovanile dai ritmi impossibili della nostra epoca.