GIROLAMO DE SIMONE

Il disegno del paesaggio sonoro, di Francesco Bergamo (Mimesis), è un agile volume in grado di aprire un dibattito semantico e prospettico sulla rappresentazione dell’universo del suono in relazione al disegno e alle architetture. Il libro trova vie di fuga immaginative nella descrizione delle «cartofonie», degli «atlanti sonori», e dell’orecchio «impossibile» di Gilles Deleuze. La musica di Dali (RLO Records), opera di Aldo Becca, è a suo modo una «cartofonia», dacché comunica, con icone e fotoritocchi creati ad hoc, il «senso del mondo» onirico dell’autore. Quattordici accattivanti segmenti mescolano canto, voci parlate e recitanti, suoni d’origine concreta o rielaborati con l’elettronica, chitarre e strumenti vari: un superamento della forma-canzone, anche con soluzioni geniali, in grado di creare ponti e dialoghi tra presente e futuro, memoria e prospettiva. Memoria è anche rammentare, a vent’anni dalla scomparsa, il mitico pianista napoletano Sergio Fiorentino, con un cd monografico dedicato a Liszt & Gershwin (Suonare records). Fiorentino, spesso osteggiato in vita dall’accademismo imperante, fu tra l’altro eccelso interprete di Rachmaninov. Un altro grande pianista è protagonista del terzo lavoro prescelto: Géza Anda, ungherese allievo di Dohnány, che a sua volta studiò con D’albert e che vanta, pertanto, una discendenza diretta con Ferenc Liszt. In Concerto Recordings, cofanetto della Deutsche Grammophon, figurano, tra altre preziosità, i tre meravigliosi concerti di Béla Bartók, argento vivo della musica ungherese. In pendant con le scelte di «classica», il dono che chiude il cerchio è un Music Notebook della Unemployed Philosophers Guild, utile per chi volesse scrivere o imparare i segni della musica: quale miglior «cartofonia»?

GUIDO FESTINESE

Il Comandante Dave Brock è l’ultimo rimasto della ciurma originale del suo acciaccato Millennium Falcon, che i più conoscono come Hawkwind, ma tiene salda la cloche. Lo fa da oltre mezzo secolo. Quindi sarebbe lecito non aspettarsi più sorprese da uno space rock logoro e passatista, no? Sbagliato. Quest’anno ha piazzato un colpo da maestro con Road to Utopia (Cherry Red): brani noti e meno noti dallo sterminato catalogo affrontati anche con archi e fiati: accenti in levare, funk, una misteriosa felicità che travolge e stravolge i vecchi brani, una comparsata del vecchio amico Eric Clapton. Spettacolo puro. Nel carniere metteremo poi la fantastica Li Ucci Orkestra del Concerto alla Rimesa (Kurumuny): tanti cantori popolari giovani e vecchi a ridar sangue e forza a una tradizione salentina spesso inflazionata. Infine l’album perduto di John Coltrane, e riapparso da un oblio ultra cinquantennale, Both Directions at Once: the Lost Album (Impulse), come ritrovare un’altra camera segreta nella piramide di Cheope, ha detto Sonny Rollins. La storia dei meccanismi di produzione del popular (anche musicale) nel ponderoso e poderoso Wonderland/La cultura di massa da Walt Disney ai Pink Floyd di Alberto Mario Banti, sorprendente exploit di uno studioso in genere al lavoro sul Risorgimento. Il gadget musicale da regalare è un vero lettore di cd. Magari di modernariato. Stanno sparendo ( come i cd, del resto), la musica dei dischetti la leggono anche il frigorifero e il phon, ormai. Ma il lettore aveva un bel display, si manovrava bene con i tasti fisici anche senza essere nerd pallidi e entusiasti di ogni sciocchezza buttata sul mercato a getto continuo, purché nuova. Quando torneranno di moda, i lettori, e succederà, sarà troppo tardi. Attrezzatevi per tempo.

GUIDO MICHELONE

Inizieremmo con Blood in the USA (Appaloosa) di Thom Chacon, ultimo, in ordine cronologico, tra i folksinger statunitensi voce-e-chitarra, impostisi anzitutto quali story-teller a riflettere le contraddizioni dell’America odierna: sulla scia di Jim Croce e di Kris Kristofferson (e del primo Bob Dylan), il barbuto californiano narra, tra canto roco e note dolenti, il quotidiano e il sociale, dal lavoro all’immigrazione, con spirito vigile e realismo critico. Passiamo a un altro genere con Near East Quartet (Ecm) del sassofonista coreano Sungaje Son, in cui la voce dolente del leader al tenore e al clarinetto basso traccia un ponte ideale fra un aggiornato post-bop e antiche tradizioni orientali, esprimendo un originalissimo world jazz dagli echi cameristici. Altra musica, con Varietà in Jazz (Mellophonium) di Freddy Colt and His Swing: il clarinettista sanremese propone una miscela di ritmi sincopati, improvvisando su celebri motivetti da riviste e avanspettacoli degli anni Quaranta-Cinquanta in un’atmosfera divertente e divertita. Per il libro il consiglio è 1971. L’anno d’oro del rock (Big Sur) di David Hepworth: mese per mese le vicende di un periodo cruciale per la musica giovanile, analizzando decine di lp usciti fra gennaio e dicembre e soffermandosi sulle ragioni degli exploit di gruppi, interpreti, solisti e cantautori, il giornalista britannico sfata diversi miti della critica musicale, a partire dallo stesso nome (rock) utilizzato definitivamente solo da quell’anno. Come gadget, infine, una fonovaligia, di nuovo in commercio: apparecchio indispensabile in questo momento di ritorno di fiamma per il vinile. Fonovaligie tra i 50 e i 100 euro: certo, il suono non è quello asetticamente perfetto di un impianto hi-fi, ma è proprio «il» limite a renderle non solo vintage o trendy, ma «vere», per intendere come i giovani tra gli anni Cinquanta e Settanta ascoltassero i 45 e i 33 giri di pop, rock, folk, soul, blues.

LUCIANO DEL SETTE

La rivoluzione musicale dei Sixties non salì soltanto sulle barricate e non sfilò soltanto nei cortei del ’68. Fuor di politica era cominciata qualche anno prima, risvegliando un’Europa che sonnecchiava al ritmo delle patrie canzoni. Prova ne sono i dodici brani firmati dal producer austriaco Klaus Waldeck per l’album Atlantic Ballroom (Dope Noir /Ma.So.) e affidati alle voci di Patrizia Ferrara, Big John, Joy Malcolm. Rock, r’n’b, cha cha cha, terzine sgranate dalle chitarre, citazioni della Shirley Bassey di Goldfinger (1964) evocano juxebox e giradischi che finalmente suonavano altro. Sul fronte dei rivoluzionari duri e puri, brividi e sogni passavano anche attraverso canzoni, anzi inni, come We shall Overcome di Joan Baez. Varrà ricordarne allora l’ultimo, eccellente, lavoro, Whistle Down the Wind (Proper Records), parole e musica, tra gli altri, di Tom Waits e Josh Ritter. Mezzo secolo fa usciva Yellow Submarine, vinile e film che confermarono il genio controcorrente dei Fab Four. L’anniversario è stato celebrato con il Picture disc 7”, con sul lato B Eleanor Rigby, e l’album in edizione digipack. Tre anni dopo, a Beatles sciolti, John Lennon scriveva Imagine. La storia del brano, del luogo dove nacque, del complesso rapporto tra Yoko Ono e John la racconta un libro imperdibile, Imagine John Yoko, pubblicato in Italia da L’ippocampo, 39, 90 euro. Impossibile, poi, dimenticare i Rolling. Per celebrare il capodanno intorno al fuoco e chitarra in pugno (molto Sixties), vi saranno preziosi alcuni gadget garantiti Stones, tutti reperibili sul sito rockandfolk.com: Zippo tongue 58 euro, Hip Flask Gift set (fiaschetta + due bicchierini) 19.90, Geisha Tin Tote Lunch box metallo 14.99, berretto di lana Black Beanie 19.90. Have a nice twenty-nineteen!

GUIDO MARIANI

Consigli di fine anno a chi pensa che il rock sia morto. Gli Idles di Bristol sono brutti, sporchi e cattivi ma solo contro chi se lo merita. «Canterò contro i fascisti finché non mi cadrà la testa» urla il cantante Joe Talbot. Il loro Joy as an Act of Resistance (Partisan Records) ha un titolo che già di per sé è un manifesto, ed è il più feroce atto musicale contro l’idiozia autolesionista della Brexit e contro l’imbecillità sovranista. «Il mio fratello di sangue è un immigrato» recita l’inno antirazzista punk Danny Nedelko. La vera trasgressione è il buon senso. Si prova quasi imbarazzo ad ascoltare High as Hope (Republic/ Virgin EMI) di Florence Welch, alias Florence and The Machine. Sia perché nell’era dei «talent» da due soldi, mette in luce che cos’è il vero talento, compositivo e interpretativo, sia perché le canzoni sono così oneste e autobiografiche che sembra di leggere di nascosto un diario intimo. Florence archivia l’istrionismo, riduce gli arrangiamenti all’osso e ci regala un lavoro da artista vera. L’ultimo album di inediti degli A Perfect Circle risaliva a 15 anni fa, Eat the Elephant (BMG) ce li riconsegna come ce li ricordavamo: impeccabili, progressive, psichedelici, onirici, surreali, melodici e all’occorrenza caustici. A ricordarci che il rock non è morto anche il libro Meet Me in the Bathroom: Rebirth and Rock and Roll in New York City 2001–2011 di Lizzy Goodman (Dey Street Books) che racconta il riscatto della scena musicale della Grande Mela negli anni Zero. Una città ferita dagli attentati che cambiava pelle, ma non rinunciava a essere creativa e trasgressiva. E se volete sapere che cosa ha in serbo per voi il 2019 regalatevi i tarocchi rock realizzati dall’illustratore Anthony J. Parisi http://www.parisistudios.com, sperando che non vi esca la carta di Ozzy Osbourne.

STEFANO CRIPPA

Annus horribilis per questo martoriato paese: non bastassero i lanzichenecchi all’assalto di Palazzo Chigi e lo spread alle stelle, musicalmente parlando abbiamo dovuto sorbirci classifiche e airplay radiofonici invasi da trapparoli mutanti e sedicenti eredi della scuola cantautorale anni Settanta dallo scipito repertorio. Una disfatta. Per fortuna è tornata tutta intera l’indistruttibile Loredana Bertè con un album da Oscar solo per il titolo, Libertè (WarnerMusic), dalla rara qualità di scrittura associata alla verve graffiante dell’interprete calabra. Un disco che solo con i primi tre pezzi in scaletta (Libertè, Maledetto Luna Park, Babilonia) fa il vuoto alle sue spalle. Nel personale empireo 2018 svetta Lady Gaga, sempre più brava ora che ha anche dimostrato di avere tutti i numeri per diventare una grande stella di Hollywood. La colonna sonora di A Star Is Born (Interscope/Universal) vede la diva di Poker Face più eclettica che mai, passare da standard (La vie en rose) a rock tiratissimi e urban pop di serie A. Dionysus (Pias/Self) chiude la terna ancora nel segno di un ritorno: quello dei Dead Can Dance, alias Lisa Gerrard e Brendan Perry, che mescolano con talento e genio culture presenti e passate, dall’Antica Grecia alla popolazione Huicol della Sierra Madre, le cui vestigia sono rappresentate sulla copertina. Miracoloso. E se vi prende il ghiribizzo di una lettura, nell’anno del #meToo vale la pena gettare un’occhiata alla (seconda) autobiografia di Tina Turner: My Love Story (HarperCollins), dall’inferno con Ike alla rinascita da solista. Una fucina di aneddoti inevitabili per chi – come lei – ha duettato con gli Stones, Bowie, Knopfler. Un gadget prezioso? Andate sullo store degli Elii, potrete acquistare delle statuine da inserire nel vostro presepe. Ci sono tutti: Elio, Rocco Tanica, Faso, Christian Meyer, Cesareo e Jantoman,Mangoni compreso. Imperdibili.

LUIGI ONORI

Il crudele gioco del «top» costringe a scelte radicali. Still Dreaming (Nonesuch) parla dei sogni di padri freemen resuscitati dai figli: un omaggio al gruppo Old and New Dreams (1976-’87). Il solo figlio d’arte è il tenorista Joshua Redman mentre gli altri sono «discendenti musicali»: Ron Miles, Scott Colley e Brian Blade. Anche il repertorio è nuovo, con soli due titoli di Charlie Haden e Ornette Coleman. Restano una visionarietà della musica e un «lirismo ritmico» che scaldano il cuore. Mappe (Parco della Musica Rec.) del Double Cut 4tet racconta del rapporto tra generazioni e del «doppio». Al centro c’è la figura carismatica del sassofonista Tino Tracanna che con il suo allievo Massimiliano Milesi forma quattro anni fa un gruppo, giunto alla dimensione attuale (Giulio Corini, Filippo Sala). Milesi suona gli stessi strumenti del docente-leader (tenore, soprano) udibili su canali diversi. Il jazz va dall’aspro Olii esausti a evocazioni contemporanee (Biglie e castelli di sabbia), con il folgorante omaggio a Jimmy Giuffre. Da ultimo, uscito da pochissimo, Danse mémoire, danse (Tuk Music) per l’alchimia distillata dal coro corso A Filetta, dagli ottoni di Paolo Fresu e dal bandoneon di Daniele Di Bonaventura. I musici «cantano» di Aimé Cesaire e Jean Nicoli, un martinicano e un corso. La musica, tra l’epos e la coralità, sfugge alle definizioni: glocal e meticcia. Per i libri la scelta cade su Grande musica nera. Storia dell’Art Ensemble of Chicago di Paul Steinbeck (Quodlibet). L’autore ricostruisce una vicenda collettiva e sa analizzare al microscopio alcune pagine sonore dell’AEoC, illuminandone la grandezza sociale e artistica. Per un gadget basta passare in uno dei numerosi negozi che vendono vinile (in prevalenza rock) e trovare una tazza marchiata Stax, una t-shirt con loghi di Sun Ra (tornato di moda grazie a Kamasi Washington) oppure comprare le antiche cassette, a metà tra feticcio e suono. Tutto dai 7 ai 20 euro.

MARIO GAMBA

L’anno se ne va e durante l’anno se n’è andato Cecil Taylor. L’immenso. Persa la sua danza sulle dita, la sua danza con tutto il corpo a tracciare tumulti sonori dove la percussione africana, lo stride piano, Tatum, Bartók, Stockhausen confluivano in composizioni istantanee che sembravano senza fine. In casa Tzadik hanno pensato di pubblicare Six Encomiums for Cecil Taylor. Sei pianisti con un nome di gruppo del tutto occasionale, Winged Serpents, e sei diverse opere. Non sorprende che la più interessante e quella che si ispira a Taylor meno pedissequamente sia di Sylvie Courvoisier. La pianista svizzera-statunitense gioca sulle corde e pensa al grande da omaggiare solo in qualche passaggio di accordi pesanti. Ma splendido (perdutamente tayloriano) è pure Brian Marsella. Gli altri della partita sono Craig Taborn, Kris Davis, Aruan Ortiz e Anthony Coleman. A un gruppo di pianisti ha pensato pure Salvatore Sciarrino per due lavori contenuti nell’album La navigazione notturna (Stradivarius/Milano Dischi): uno ha il titolo della raccolta, l’altro si chiama Altre notti. Entrambi del 2017 e per quattro pianoforti. La navigazione è (non intenzionalmente!) sottilmente tayloriana. I pianisti sono Alfonso Alberti, Fausto Bongelli, Anna D’Errico e Aldo Orvieto. Un pianista che ha a che fare con l’avanguardia ma non si può definire tayloriano è Matthew Shipp. Ascoltarlo in dialogo con Roscoe Mitchell in Accelerated Projection (RogueArt), registrato al festival di Sant’Anna Arresi, è un’esperienza di profonda vivificazione. Se dici Roscoe Mitchell dici Art Ensemble of Chicago. Che è raccontato e studiato mirabilmente da Paul Steinbeck nel volume Grande musica nera (Quodlibet). Un regalo di Natale-anno nuovo? Scontato. Un abbonamento alla stagione di Area Sismica di Forlì. Dove si ascoltano le migliori musiche extraordinarie.

VILMO MODONI

Iniziamo dal gadget. A Natale regalatevi una penna usb a forma di musicassetta. Scriveteci sopra 2018 e, come usava sulle musicassette d’un tempo, salvate quanto c’è da ricordare dell’anno. Il file con le ricette della nonna, oppure il video delle vacanze al mare. Visto che la tecnologia lo consente, salvate anche un libro: Canzoni di Francesco Guccini (Bompiani). Questo volume raccoglie più di cinquanta brani del cantautore emiliano, accompagnati da un commento molto speciale. A rileggerle è Gabriella Fenocchio, filologa e studiosa di letteratura italiana, che ricorrendo ai suoi ferri del mestiere mostra i segreti stilistici, ritmici e retorici nascosti in ogni strofa. Con le note verso per verso e i ricchi commenti a ogni brano, questo è un libro di poesia che ci ricorda come non siano solo canzonette, ma probabilmente la più straordinaria forma d’arte dei giorni nostri. Su una penna usb è normale salvare della musica. Se credete possibile, nell’anno domini 2018, dire qualcosa di nuovo nel blues, allora salvate Benton County Relic di Cedric Burnside (The Orchard Records). Duro, grezzo, profondo, magnetico, istintivo e autentico, il nuovo disco del musicista di Memphis è davvero una potenza circonfusa da un alone di novità inusuale nel mondo delle dodici battute. E salvate Cat Power, perchè miss Charlyn Marie Marshall è bella, randagia il giusto ma soprattutto è brava e il suo Wanderer (Domino/Self) contiene belle ballate dall’impianto classico «dedicate alla verità e a quelli che lottano». E infine salvate La sostanza dei fatti (Dischi Soviet Studio), seconda, maiuscola prova dei verbanesi Don Rodriguez. Brillanti canzoni d’autore su impianto indie rock anni Novanta. Tra l’altro, il video di una di esse, Illogico, inizia e finisce con le immagini di una musicassetta. Come vedete, tutto torna.

GIANLUCA DIANA

Melius est abundare quam deficere. Fortunatamente. In giro per il mondo di qualità e talento musicale ve ne è davvero a iosa. Eccone alcuni esempi. Arriva dal Brasile, più precisamente da San Paolo, il collettivo Bixiga 70, che per conto della Glitterbeat, ha dato alle stampe il lavoro Quebra-Cabeca. Afro-brazilian music arricchita da jazz, reggae, funk e psichedelia: il tutto viene opportunatamente mescolato con un risultato egregio. Un viaggio sonico esaltante, che non dimentica né il corpo né la mente. Esplicitano loro stessi, che si tratti di musica per ballare o che arrivi da un desiderio di socialità altra, come conferma il loro impegno nel sociale. La danza e l’espressività corporea sono un dato irrinunciabile anche per Leon Bridges. Basta ascoltare Good Thing (Columbia Records) per capirne il motivo. L’afroamericano è senza dubbio il numero uno del nuovo soul e r’n’b contemporaneo a stelle e strisce: un disco fresco e francamente entusiasmante. Un applauso anche a Cedric Burnside che ha reso contemporaneo l’Hill Country Blues da cui proviene. Benton County Relic è armonioso, coeso e potente al tempo stesso, capace di muovere le emozioni sia di chi ami il blues, sia di chi ci giunga da neofita. Una storia americana che rapisce e avviluppa dalla prima all’ultima pagina è quella della conversazione tra Seba Pezzani e Joe Lansdale: In fondo è una palude (Giulio Perrone Editore). È un libro che suona di blues grezzo e di Americana-country da strada e che soprattutto, azzecca sempre la battuta giusta. Festeggiate in questi giorni come meglio credete. Ma fatelo brindando con qualcosa di buono. Di qualsiasi cosa si tratta, usate il cavatappi, davvero kitsch, di Trombone Shorty. Arriva da New Orleans come lui: sarà quindi ottimo per far festa.

GRAZIA RITA DI FLORIO

Avvertenza: questa non è una classifica dacché i dischi qui di seguito luccicano di eguale bagliore nel cielo delle musiche d’annata. Quest’anno Riccardo Tesi & Banditaliana hanno festeggiato i venticinque anni di attività. Per soffiare sulle candeline, questo gruppo storico dell’avanguardia folk italiana, ha chiamato a raccolta un manipolo di amici che portano, ognuno a proprio modo, doni di pregio. Argento (VisageMusic/Ma.So.) è un disco che profuma di Mediterraneo e di umori popolari, suggestioni world e vena cantautorale, tra composizioni inedite e riletture a conferma del sapiente lavoro di scavo che Tesi e i suoi sodali fanno nella tradizione popolare, rielaborata con uno stile inconfondibile. Convinti come Borges che tra il tradizionale e il nuovo, tra ordine (e noto) e avventura, non esista una reale opposizione, si è formata una coppia composta dal pianista Omar Sosa e la violinista Yilian Cañizares per realizzare Aguas (Otà Records/Ird). Qui, più che altrove, riaffiora il vincolo con le strutture classiche che si fondono con l’idea dell’improvvisazione come pratica jazzistica fondante e l’amore per le forme musicali cubane. Immerso in un’incredibile, spiazzante ricerca del passato, anche Fenfo (Wagram/Audioglobe) della cantante maliana Fatoumata Diawara, che coniuga poetica e capacità di comunicazione musicale. Fenfo è la voce potente di Fatoumata che si schiera contro indifferenza e pregiudizi. Un approccio analogo è utilizzato nel nuovo graphic novel di Davide Toffolo, Il cammino della cumbia (Oblomov edizioni), la nostra lettura consigliata, che si lancia sulle tracce della cumbia, con un itinerario da Buenos Aires a Cartagena, tra interviste e stratagemmi narrativi nel solco dell’autofiction. Per i viaggi in metropolitana, invece, procuratevi le cuffie ecosostenibili Little Bird, o Buffalo Soldier della House of Marley.

ANDREA LANZA

Questo 2018 è stato un anno pieno di grandi titoli, stilare una top list dei migliori non è stato facile, ma ce l’abbiamo fatta. Al primo posto del mio podio inserisco la Wagakki Band con l’album Otonoe, uscito per l’etichetta Avex Entertainment. Stiamo parlando della band metal nipponica più bizzarra in circolazione, che si avvale di strumenti della tradizione classica giapponese per esibirsi. Otonoe è il loro parto più maturo, quello dove possiamo trovare le melodie più decise e meno manganeggianti, che li facevano sembrare, negli album passati, quasi una risposta oltralpe ai nostri Dhamm. Potete trovare il disco sul mercato estero, ma, credeteci, ne vale la pena. Subito dopo Christina Aguilera con l’album Liberation (Rca). Qui si spazia nei generi, da r’n’b e hip hop, con elementi Southern rock, dancehall, pop, blues, rock e soul. La migliore è senza dubbio Sick of Sittin’ che ricorda molto il rock grezzo di Janis Joplin. La voce della Aguilera per gamma, tono, timbro e potenza, sensibilità è qualcosa di davvero incredibile. Al terzo posto troviamo Noname con Room 25, uscito per l’etichetta No/Name. È l’esordio di una poetessa votata al rap. Un disco parlato, cantato, ritmato con tonalità neo soul: intenso, maturo e intriso di una malinconia unica. Da recuperare se non lo conoscete. Il rischio è solo di innamorarvene. Tra i libri musicali scegliamo Consigli a me stesso-I miei 2 centesimi (Mondadori) di J- Ax: un volume di 112 pagine di riflessioni, suggerimenti e esperienze da parte del cantante hip hop più amato e odiato dal pubblico. Meno futile di quello che potrebbe sembrare. Per chiudere invece su un gadget da avere sotto l’albero la scelta va alla statuetta natalizia di Hatsune Miku, la cantante virtual idol dai capelli blu. Su Amazon la potete trovare con tranquillità e farà la sua bella figura sopra il camino scoppiettante in attesa di Babbo Natale.

ANTONIO BACCIOCCHI

Un’annata piuttosto interessante in quanto a uscite discografiche, pur senza pietre miliari ma il livello generale è più che dignitoso. A partire da Fantastic Negrito (finalmente apprezzato anche nelle nostre lande dove è arrivato frequentemente anche dal vivo) con il suo immaginifico nuovo Please Don’t Be Dead (Cooking Vynil), album ostico, ostile e primitivo, dove a un substrato profondamente blues, gospel e funk si sovrappongono riff granitici rubati a Led Zeppelin, Jimi Hendrix o Jack White. There’s a riot goin’ on. Merrie Land dei The Good The Bad & the Queen (Studio 13) è un caustico e malinconico canto all’Inghilterra decadente dell’era Brexit che gira tra dub, Beatles, ritmiche spezzate e la malinconica, monotona e immediatamente riconoscibile voce di Damon Albarn. A cui fa da contraltare il groove del basso di Paul Simonon così vicino al mood di Sandinista. In Italia Nicola Conte con gli Spiritual Galaxy ci regala Let Your Light Shine on (Mps) un piccolo capolavoro di creatività e modernità in cui si rincorrono jazz, soul, afrofunk, psichedelia e spiritual jazz. In ambito letterario l’esordio dell’ex protagonista dei Soprano’s Michael Imperioli Il profumo bruciò i suoi occhi (Neri Pozza) con il protagonista che trova nel Lou Reed di fine Settanta, infognato in deliri tossici la sua guida spirituale, merita il podio più alto in virtù di una scrittura competente, diretta, cruda ma che non manca di ironia. Nell’anno del box del 50ennale del White Album dei Beatles, non c’è storia su cosa consigliare come gadget natalizio. La confezione è elegantissima, piena di regali preziosissimi per ogni fanatico dei Fab Four e di un nuovo mix a cura del figlio di George Martin, Giles, che ridona al capolavoro del 1968 una chiarezza e profondità di suono incredibili.

SIMONA FRASCA

Tre dischi che affondano le radici nel rock: in pole position il carismatico Mike Viola con The American Egypt (Good Morning Monkey Records), suo ventesimo album (senza tralasciare Candy Butchers e Snap), al momento pubblicato solo in digitale, si attende a giorni la versione su supporto. Robusto ed emozionale, 43 minuti di puro godimento estatico. Sulla stessa linea lenta e viscerale il settimo album di Joan As Police Woman – Damned Devotion (Pias/Self) con la sua struggente carica bluesy e un tenue senso di afflizione. Sofisticato e pensoso è anche God’s Favorite Customer (Bella Union/Pias/Self), quarto capitolo di Father John Misty, cantautore ombroso seppure mascherato, la vera identità è quella di Josh Tillman, ex batterista dei Fleet Foxes, dalla tavolozza «minimal». Alle nostre radici, alla tradizione popolare, ai repertori orali del folk campano si rivolge il bel libro di Anita Pesce Dietro ogni voce c’è un personaggio (Arcana). La studiosa napoletana racconta la vicenda della Nuova Compagnia di Canto Popolare nel decennio di formazione 1967-77 attraverso il rapporto peculiare tra uno studioso severo e classicissimo come Roberto De Simone e un gruppo di giovanissimi tra i quali Eugenio Bennato, Carlo D’Angiò e Giovanni Mauriello. Conciliando uno stile divulgativo eppure rigoroso si indagano le origini di una delle più rivoluzionarie esperienze di interconnessione di stili, repertori e prospettive di una porzione imprescindibile della musica e della cultura popolare del Mediterraneo. Ma per continuare a viaggiare attraverso i suoni e i repertori dei 5 continenti è necessario un mappamondo. Sia esso antico o vintage, luminoso o gonfiabile, magnetico, di legno, bar, bomboniera o da grattare, chi regala un mappamondo a Natale possiede l’animo dell’autentico viaggiatore anche se, come Emilio Salgari, è un giramondo solo virtuale.

MARCO RANALDI

Siamo arrivati alla fine di questo incredibile 2018 che per certi versi sembra il 1988, anno di svolte musicali. Per allietarci sotto l’alberello o sotto e sopra il presepe ecco tre cd da ascoltare come se fosse veramente natale (nel senso di luce etc…). Iniziamo con un album che è un concept, Bella una serpe con le spoglie d’oro di Marco Rovelli (Squilibri). È sinteticamente un omaggio a Caterina Bueno e a tutto il suo grande cuore di cantante e interprete malinconica . In tutto 21 canzoni di anima popolare interpretate da Rovelli come se fosse l’ultimo cantore del passato. In tempi di memorie non effimere ecco un cd del Choir of King’s College di Cambridge (che hanno la loro etichetta). Tosti, anzi tostissimi nella perfezione della tenuta vocale, hanno inciso 18 mottetti dell’inossidabile William Byrd, uno di quei compositori che ancora oggi ti porta nelle alte sfere dell’armonia celeste. A dirigere i giovinetti un veterano del gesto polifonico, Stephen Cleobury. Infine una botta di vita con la colonna sonora del film Chappaquiddick (Varese Sarabande) scritta da Garth Stevenson. Storia di quelle allegre (si fa per dire) ha nello score tutta una forza rock prorompente e intensa da ascoltare provando anche a dare fuoco… alle carte dei regali di natale! Fra i libri da leggere la bellissima biografia scritta da John Szwed: Billie Holiday. The Musician and the Myth (Il Saggiatore). È un capolavoro che finalmente mette il punto sulla genialità della cantante e sulla pochezza d’umanità che avevano coloro che sfruttarono la sua anima blues. Il pacchetto con le quisquiglie musicali è certamente il bel cofanettone che la Apple ha immesso sul mercato per ricordare i beneamati (e solidamente sfruttabili) Beatles in occasione del White Album. Cd, dvd, fotografie e un preziosissimo volume rendono il natale sotto l’albero meravigliosamente unico.

FLAVIO MASSARUTTO

In questi tempi di rigurgiti della destra rileggere la Storia fa sempre bene specialmente se fatto con competenza e uno sguardo libero da stereotipi. Perciò vi consigliamo il saggio Tutto è ritmo, tutto è swing. Il jazz, il fascismo e la società italiana (Mondadori/Le Monnier) di Camilla Poesio. L’autrice racconta come il jazz si sia imposto anche nel Belpaese nonostante l’opposizione del Regime e della Chiesa. Una Storia che ci riguarda. Se siete indecisi sul regalo di natale vi consigliamo il magnifico cofanetto Emanon ( Blue Note) del leggendario sassofonista Wayne Shorter. Tre cd con la suite omonima registrata dal vivo con il suo quartetto delle meraviglie e in studio con l’Orpheus Chamber Orchestra. Un’opera sontuosa che si completa di un albo a fumetti a colori scritto dallo stesso Shorter, che di comics e fantascienza è sempre stato un appassionato cultore. Se poi volete proprio strafare c’è anche la versione in vinile in edizione limitata. Tra le perle discografiche del 2018 segnaliamo Pipe Dream (CAM Jazz) con un fenomenale quintetto composto da Hank Roberts, Filippo Vignato, Pasquale Mirra, Giorgio Pacorig e Zeno De Rossi. Se amate il genere Americana e pensate che il jazz non sia finito con la morte di Coltrane questo è il disco che fa per voi. Ritroviamo le tastiere, qui solo elettriche, di Pacorig nel quartetto Suonomadre, con Luigi Vitale e Zlatko Kaucic, riunito dal flautista Massimo De Mattia per Ethnoshock! (Caligola). Improvvisazione elettroacustica ad alto tasso di creatività, avventura e passione. Chiude il trittico il doppio cd Cinque (artistShare) del pianista cubano, ma residente negli Usa, Elio Villafranca. Un viaggio storico ed etnomusicologico nelle rivolte antischiaviste caraibiche tra pannelli orchestrali, registrazioni sul campo e narrazione.

ROBERTO PECIOLA

Ci sono anni in cui trovare anche solo tre dischi degni di essere nominati e consigliati diventa impresa ardua, e anni in cui vorresti poterne citare almeno il triplo. Cosa che chi scrive avrebbe voluto fare per questo 2018, generoso di album di livello al punto da lasciarci con grandissimi dubbi su quali tenere fuori dal ristretto lotto. E allora, in ordine sparso ricordiamo i lavori di Emma Ruth Rundle, Eera, Arctic Monkeys, A Perfect Circle e Idles, per arrivare alla terna vincente: Dyonisus (Pias/Self) dei Dead Can Dance, il primo concept della coppia Gerrard-Perry, musica ancestrale con uno sguardo al futuro; God’s Favorite Customer (Bella Union/ Pias/Self) di Father John Misty, il miglior prodotto di Josh Tillman, polistrumentista, cantante e autore che in questo disco regala forse il brano più bello dell’anno, Just Dumb Enough to Try, con un piede nei Seventies; Aviary (Domino/Self) di Julia Holter, alt-pop sperimentale e spigoloso dagli arrangiamenti che sfiorano la perfezione. Pochi dubbi invece sul miglior prodotto editoriale. La biografia di Maynard James Keenan, frontman di Tool, A Perfect Circle e Puscifer, raccontata dall’artista alla amica e giornalista Sarah Jensen in L’armonia degli opposti (Tsunami). Un viaggio nella vita di una delle figure fondamentali della scena rock internazionale degli ultimi vent’anni. E chiudiamo con il gadget. Se vi trovaste a passare per Londra (noi lo abbiamo trovato lì ma non è escluso che lo si possa trovare anche da altre parti) non mancate di fare un salto nei weekend al mercato di Spitalfields alla ricerca dei pupazzetti Lego-Playmobil agghindati come le grandi rockstar, da Bowie a Freddie Mercury, dai Kiss ai Beatles con tanto di cornice e sfondo a tema. In vari formati, da 10 a 30 sterline.
FRANCESCO ADINOLFI
I Mamas Gun, quintetto di base a Londra, torna con Golden Days (Candelion), quarto album in cui spiccano arrangiamente iper-curati e grande attenzione agli intrecci melodici pop & soul. Con rimandi a London Girls e appunto ai Golden Days («quando la vita notturna era in fermento, ci spendevamo tutti i soldi e dormivamo di giorno, adesso è solo nuvole e pioggia, ho bisogno di quel me e te, com’era una volta, baby riporta quei giorni d’oro»). Riaffiorano i Corduroy, band che fu al cuore dell’acid jazz, movimento che a metà anni Ottanta metabolizzò jazz, soul, funk, disco sfornando raccolte e gruppi che rileggevano quei generi rielaborandoli con umori anche contemporanei. Tra le etichette, la Acid Jazz di Gilles Peterson e Eddie Piller si fece carico di diffondere il verbo, e da lì, da quei mondi ripartono i Corduroy, al debutto nel ’92; ora ci riprovano con Return of the Fabric Four (Acid Jazz), disco perlopiù strumentale, con cascate di soul jazz, organ beat, vocalizzi vari. Occhio al pezzo Saturday Night, fulminante garage beat. In occasione dei 75 anni del 100 Club, storico club londinese, il marchio d’abbigliamento britannico Fred Perry e la casa editrice Ditto hanno realizzato 100 club stories (Ditto Publishing) in cui si alternano non solo le storie di tutti i frequentatori del locale ma anche immagini di archivio, alcune inedite fino ad ora. Il club – un classico del punk – ospiterà, il 20 e 21 settembre 1976, il noto «100 Club Punk Special», concerti a cui parteciperanno, tra i vari, Sex Pistols, Clash, Siouxsie and the Banshees, Damned, Buzzcoks. Le foto sono imperdibili. Benedetta Funko, azienda Usa specializzata in figure (in plastica con testa rotante, action figure, peluche) legate alla cultura pop (cinema, fumetti, musica). La lista dei soggetti musicali è sterminata. Senza esitare (e indagare troppo) optare per Lemmy (Motörhead) riprodotto alla perfezione (tatuaggi, stivali, basso, cappello. Oltre.