Qualcuno è arrivato subito, già al mattino, altri un po’ più tardi, non una folla ma un via vai discreto e continuo fino a sera, quando la Sala della Protomoteca ha chiuso. C’è chi si siede, chi si guarda intorno cercando di incontrare uno sguardo familiare, chi non ha il coraggio di avvicinarsi. Ci sono gli amici, le persone che hanno lavorato insieme a lui, gli attori, i produttori, i registi, i politici, le istituzioni, gli innamorati del suo cinema nella giornata romana, la prima in cui si sente questo autunno tardivo, a salutare Bernardo Bertolucci nella camera ardente allestita al Campidoglio. Di fronte a molte telecamere e macchine fotografiche che si scatenano appena entra un volto noto, si scambiano i saluti, un abbraccio, una sigaretta fuori nel giardino. C’è chi non ha il coraggio di guardarlo nella bara e osserva i fiori da lontano. «Dopo finisce che ce lo ricordiamo solo così – dice una voce piano all’amica – Invece vorrei tenerlo in mente come era, come l’ho sempre conosciuto».

BERTOLUCCI se ne è appena andato, la sua immagine rimbalza sulle copertine dei giornali di tutto il mondo: foto in bianco e nero, dove con la spavalderia della giovinezza sta dietro alla macchina da presa, altre invece più recenti, di quando stava sulla sedia a rotelle col cappello grande e un po’ floscio da cui si separava a fatica.
«Senza di lui saremo tutti più poveri» dice Stefania Sandrelli, indimenticabile protagonista di Il conformista andando via, davanti alla bara a Bertolucci ha mandato con un soffio un bacio. E aggiunge : «È stato un amico paterno, ci siamo conosciuti sul set di Accattone di Pasolini, mi chiamava l’attrice di Germi … Ci eravamo sentiti prima dell’estate, era stato male, ci siamo salutati».

«ALL’INIZIO è stato un compagno di lavoro, poi un fratello ma quasi subito anche un maestro per me» dice Vittorio Storaro, a cui si deve la luce di L’ultimo imperatore. «Lo shock grande l’ho avuto subito, sul set di Prima della rivoluzione dove ero solo un assistente, vedendo lui che cercava di scrivere con la macchina da presa non un racconto ma una poesia».
«È stato il più grande regista della sua generazione e uno dei più grandi che ci sia mai stato» lo ricorda Dario Argento raccontando della loro amicizia quando lavoravano insieme per Sergio Leone (avevano scritto insieme il soggetto di C’era una volta il west). «Erano molti anni che non lo vedevo. Ma penso sia rimasta la nostra amicizia, andavamo spesso al cinema, Bernardo lo conosceva bene sin da ragazzo».

NEL CORSO  della giornata saranno in tanti a salutarlo, Nanni Moretti, Paolo Taviani, Carlo Freccero, Rutelli, Veltroni, Isabella Ferrari, Giuseppe Tornatore, Francesca Marciano, Andrea Occhipinti, Angelo Barbagallo, Francesco Maselli … Capelli bianchi e ragazzi giovani, gli attori di Io e te, che è diventato il suo ultimo film, come Jacopo Olmo Antinori, e quelle nuove generazioni cinefile conquistate dalla potenza delle sue immagini.

NON È SOLO una sfilata però, perché al di là delle frasi di rito, tra le parole dette piano, quello che rimane è la rete di persone, tante, che negli anni hanno continuato a circondarlo, catturate dalle sue parole, dalla sua dolcezza, dalla sua intelligenza, oggi spaesate dal vuoto rimasto.