La frase è infelice, le reazioni esagerate, la ricaduta sulle scelte politiche della destra probabilmente nulla. Il candidato Bertolaso, non pago di portarsi come handicap una impopolarità granitica e un paio di guai giudiziari da far esitare concorrenti assai meglio piazzati, ha pensato bene di aggiungere una battutaccia di nessun gusto: «La Meloni deve fare la mamma». La frasetta non ne fa il testimonial del femminicidio come parrebbe da alcune reazioni. Dimostra solo che l’uomo è quello che è e che metterlo in campo significa voler perdere.
La mamma in questione replica con classe: «Spero di essere un’ottima mamma come tutte quelle donne che, spesso in condizioni molto più difficili della mia, riescono a conciliare impegni professionali e maternità». Il gaffeur si arrampica sugli specchi alla ricerca di un impossibile recupero. Prima cinguetta che certo non voleva dire che fare la mamma «precluda degli obiettivi». Poi giura di essere pronto a ritirarsi a favore della puerpera, ove tutto il centrodestra dichiarasse di preferirla. Non è che ci voglia una grande generosità per enunciare una simile ovvietà, ma l’uomo, appunto, è quello che è. Tanto più che un nanosecondo prima aveva detto il contrario esatto: «Possiamo andare avanti senza la Lega».

Il partito della signora offesa non si risente più che tanto, dagli spalti della maggioranza invece piovono pietre. Le governanti si scomodano di persona. Maria Elena Boschi accorpa il caso della romana con quello della pentastellata meneghina Patrizia Bedori: «Quando chiederanno a un candidato uomo di ritirarsi perché non telegenico? O perché deve fare il padre?». Più tagliente la collega responsabile della Sanità Beatrice Lorenzin: «Questo Paese non è per le donne. Troppa misoginia». Poi è un diluvio di candidati furibondi: Alfio Marchini (che però ha una buona trovata: «Se Bertolaso la attacca di nuovo così, la voto…»), Virginia Raggi, Stefano Fassina… Va da sé che nell’indignazione il pensierino di stare affondando definitivamente un rivale, sia pur già annaspante, un po’ c’azzecca.

La gaffe non smuove però il santo protettore di Bertolaso, Silvio Berlusconi. Affida il suo pensiero alla fedelissima Deborah Bergamini: «E’ il miglior sindaco possibile». Il tempo stringe. Ieri sera Giorgia Meloni faceva sapere di voler aspettare il ripensamento solo fino a questa mattina, dopo di che pensa di rompere gli indugi, convocare i vertici del suo partito e candidarsi.

Ma Berlusconi non intende tornare sulla sua decisione e probabilmente non lo farà, anche se con lui non si può mai dire. Tra gli azzurri, persino esponenti di solito poco teneri con l’ex onnipotente assicurano che stavolta non gli si possono muovere addebiti e che a confondere le acque è stata la stessa Meloni con le sue giravolte: prima bocciando Marchini, poi rifiutando la candidatura, poi con l’improbabile trovata Rita Dalla Chiesa, adesso prestando orecchio alle lusinghe di Matteo Salvini. Il quale gioca probabilmente bene la sua partita. Sa che l’ex numero uno della protezione civile, Bertolaso, è un brocco senza possibilità di vincere e mira a conquistare la leadership per il futuro sfidando il candidato della “ribollita azzura” nella Capitale. Con una destra così divisa, Giorgia Meloni ha poche chances di farcela, ma a Roma gode di consensi e popolarità sufficienti a lanciare una destra, spinta anche dal vento europeo, come forza leader dello schieramento un tempo “moderato”. Poi Forza Italia potrà solo decidere se accodarsi o evaporare.

Berlusconi, a sua volta, forse sta solo cedendo, come spesso gli capita, ai suoi umori offesi, oppure sta sperando di riaffermare con le cattive la propria leadership oltre tempo massimo. Ma forse sta giocando di sponda con il premier, cercando di regalargli Roma in cambio dei soliti favori sul tavolo che davvero gli sta a cuore, quello Mediaset. Giocare con la dietrologia è sempre pericoloso e di solito è in nome della furbizia malpensante che si incorre negli sbagli più clamorosi. Però qualche serio dubbio, di fronte a un così sfacciato gioco a perdere, è inevitabile. A Roma il centrodestra correrà con quattro candidati diversi. Il solo che sembra avere qualche probabilità di rivelarsi competitivo, Alfio Marchini, è quello che con le antiche glorie di Arcore ci azzecca di meno.