Alla sbarra, il 20 gennaio prossimo a Roma, andrà la cosiddetta «cricca» dei «Grandi eventi» e degli appalti del G8. Ma nel processo che si aprirà davanti alla ottava sezione penale del tribunale capitolino, come ha stabilito ieri il gup Massimiliano Di Lauro, ad essere giudicati non saranno soltanto l’ex capo della protezione civile Guido Bertolaso, l’ex presidente alle opere pubbliche Angelo Balducci, gli imprenditori Diego e Daniele Anemone, il dirigente del provveditorato alle Opere pubbliche Fabio De Santis, il dirigente del Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del Turismo della presidenza del Consiglio Fabio Della Giovanpaola e altre 12 persone, accusati a vario titolo di corruzione e in alcuni casi di associazione per delinquere (non Bertolaso). Inevitabilmente, i giudici romani, valutando le accuse del pm Roberto Felici scaturite dall’indagine nata a Firenze nel 2010 e in seguito trasferita prima a Perugia e poi a Roma per competenza, si troveranno a scavare anche nel sistema stesso di Protezione civile voluto dal governo Berlusconi che conferiva al Dipartimento controllato dalla Presidenza del consiglio poteri speciali in deroga alle leggi di Stato.
Un sistema quanto mai adeguato a manipolare – indipendentemente dal caso specifico – gli appalti messi in programma in occasione del G8 della Maddalena e per la realizzazione di opere pubbliche in occasione dei 150 anni dell’unità d’Italia, i casi per i quali vengono ora rinviati a giudizio Bertolaso e compagni. La principale accusa mossa a quell’«uomo della provvidenza», secondo il linguaggio in auge ai tempi della premiata ditta B&B – uomo che oggi il Cavaliere vorrebbe al suo fianco per far rinascere Forza Italia dalle sue macerie – è quella di corruzione, poiché nella veste di pubblico ufficiale avrebbe favorito Anemone in cambio di denaro e favori. Accusa che Bertolaso ha già respinto più volte: «Non è vero che il 23 settembre 2008 – ha spiegato a metà giugno scorso – presi una tangente di 50 mila euro dall’imprenditore Diego Anemone».
Ma il filo rosso che lega le inchieste sui vari appalti pubblici a cominciare dal 2001 fino al G8 del 2009 che avrebbe dovuto tenersi in Sardegna e poi trovò migliore location ne L’Aquila terremotata e sotto choc, si dipana tra mille appalti: dallo stadio centrale del tennis del Foro Italico, alle opere per i Mondiali di nuoto a Roma, dalla Scuola dei Marescialli al nuovo Museo dello sport italiano a Tor Vergata, e poi il completamento dell’aeroporto internazionale dell’Umbria, il palazzo delle conferenze e la residenza dell’Arsenale alla Maddalena. Balducci e De Santis vennero condannati nel 2012 per corruzione aggravata riguardo la vicenda della Scuola marescialli. Con loro, in un giudizio ottenuto con rito abbreviato, vengono condannati con una pena leggermente inferiore anche gli imprenditori Riccardo Fusi e Francesco Maria De Vito Piscicelli, quello che se la rideva al telefono il giorno dopo del terremoto aquilano pensando agli affari che avrebbe potuto fare.
L’ex capo della Protezione civile, insieme a Balducci e altre 16 persone tra cui anche Gian Michele Calvi, il sismologo già condannato per il terremoto abruzzese, risultano anche indagate dalla procura di Tempio Pausania per il reato di inquinamento ambientale in un’inchiesta che si sta avviando alla conclusione riguardante i lavori di bonifica mai realizzati a La Maddalena.