Dopo la presa di posizione dell’Onu, che nella giornata internazionale delle donne ha ricordato l’impegno dell’ambientalista Berta Caceres, uccisa il 3 marzo in Honduras, anche l’Unione europea fa sentire la sua voce: e chiede l’apertura di un’inchiesta internazionale per far luce sul suo assassinio. L’Alta rappresentante della Ue, Federica Mogherini, ha auspicato un’indagine «esaustiva, trasparente e veloce» per assicurare i colpevoli alla giustizia.

«La famiglia di Berta Caceres, il popolo honduregno e i difensori dei diritti umani nel mondo meritano che non prevalga l’impunità», ha detto Mogherini. Al contempo, ha chiesto che venga garantita l’incolumità dell’attivista messicano Gustavo Castro, che si trovava in casa con Berta la notte dell’attentato e che è sopravvissuto ai colpi d’arma da fuoco. Castro ha cercato di lasciare il paese dopo aver contattato le autorità consolari del suo paese, ma è stato bloccato alla frontiera e resta detenuto «come principale testimone». L’attivista ha denunciato che la scena del crimine è stata alterata e che gli vengono mostrate solo foto di militanti di sinistra, nel tentativo di avallare la versione di un crimine passionale.

Berta, che l’anno scorso era stata insignita della massima onorificenza in tema ambientale, il Premio Goldman, era una figura di riferimento per il suo popolo, i Lenka, e per le altre popolazioni native, che difendono i territori ancestrali dalla rapina delle grandi multinazionali. Una situazione sempre più drammatica dopo il «golpe istituzionale» che, su indicazione Usa, nel 2009 ha deposto il presidente Manuel Zelaya, che avrebbe voluto allearsi con i paesi dell’Alba, l’Alleanza bolivariana per i popoli della nostra America ideata da Cuba e Venezuela. In Honduras, paese di enormi disparità e insicurezza, nonché sede della più grande base militare Usa della regione, la vita di chi si batte per un cambiamento strutturale vale meno di niente. Berta era una figura di primo piano anche all’interno dei movimenti dell’Alba, che fanno sentire la loro voce durante i grandi vertici, elaborando proposte per un nuovo modello di sviluppo presentate ai summit dai presidenti socialisti del continente. Contro il suo assassinio, si sono espressi subito i governi di Cuba, Venezuela, Ecuador e Bolivia, e si sono svolte manifestazioni in tutto il continente.

Il mese prossimo, si svolgerà un incontro internazionale di difensori e difensore dei diritti umani per decidere le azioni da intraprendere in difesa della sua memoria. L’Associacion de Cooperacion Internacional (Espacio Aci), costituita da 27 Ong internazionali che appoggiano il processo di democratizzazione in Honduras dando sostegno alle organizzazioni della società civile, si è pronunciata in questo senso, unendo la voce a quella di moltissimi altri movimenti e associazioni, anche religiose, che si stanno mobilitando in Europa. Reyna Rivera, difensora dei diritti umani in Honduras ed ex magistrata, ha sostenuto che per indagare un caso evidentemente politico come questo assassinio, occorre istituire un organismo indipendente che appoggi gli inquirenti honduregni e la famiglia di Berta. L’Honduras ha già esperienza di simili riunioni internazionali. In quella di Aguan, nel 2011, è nata una piattaforma per esigere da una banca tedesca la cessazione degli aiuti al latifondista Miguel Facussé, colpevole di aver violato i diritti umani sanciti dalle Nazioni unite durante un massacro di contadini senza terra. In una conferenza stampa, anche la famiglia Caceres e la Coordinadora del Consejo de Organizaciones Populares e Indigenas de Honduras (Copinh), di cui Berta era fondatrice, hanno chiesto alla comunità internazionale di facilitare l’istituzione di una commissione integrata da esperti stranieri indipendenti.

Intanto, cresce la mobilitazione internazionale anche per un’altra leader indigena, deputata al Parlasur, l’argentina Milagro Sala, mandata in carcere dal presidente neoliberista Mauricio Macri.