Berta Bojetu, da Lubiana con rancore
Scrittrici slovene «Filio non è a casa», da Voland
Scrittrici slovene «Filio non è a casa», da Voland
Berta Bojetu,attrice e scrittrice, aveva fatto scandalo nella conformista Slovenia degli anni Settanta con la sua prima raccolta di poesie, Zabon (il rospo) edita nel 1979, e accompagnata da censure motivate dai contenuti erotici. Nel 1989 pubblicò il romanzo di esordio, un successo che ora Voland propone per la prima volta al pubblico italiano: Filio non è a casa (ottima traduzione e postfazione di Patrizia Raveggi, pp. 288, € 19,00). La dedica, che è una invocazione alla clemenza verso il passato e il suo bagaglio di tragedie, porta in scena il luogo di ambientazione, un’isola che in sloveno si chiama Susak e trae il proprio nome dal greco, indicando la pianta di origano che fiorisce selvaggio dappertutto. La protagonista racconta con furia il suo percorso di fuga e di ritorno al luogo detestato dell’ubbidienza, disegnando uno scenario umano disastroso.
Tutto ha inizio al vernissage di una galleria di Lubiana dove i vituperati rappresentanti del mondo artistico parlano di premi ambiti, del successo di un progetto di ricerca sulle donne-uccello e di altri fatti del momento. Compare un uomo che la protagonista desidera, e con il quale incrocia sguardi e strette di mano (un po’ come nella celebre scena di seduzione al Metropolitan in Vestito per uccidere di Brian De Palma).
Esausta per la mancata realizzazione dei suoi desideri, la donna si accascia su una cassapanca, riflette e lascia scorrere le devastanti scene della sua infanzia. Il primo fermo immagine porta con sé tutta la violenza di un’epoca oscura: la madre è stata aggredita, picchiata e colpita con una pietra da un uomo, che l’ha lasciata in un lago di sangue; la nonna accorre in suo aiuto. Da qui la protagonista viene riportata all’isola da cui è fuggita sedici anni prima, e malgrado avesse promesso di non tornare mai più, ora deve rispondere all’appello della nonna malata.
Il luogo dell’infanzia conosceva separazioni radicali: a lei era permessa solo la Via delle Donne, che univa la Città Bassa alla Città Alta, da percorrere per le messe e altre rare occasioni sociali. L’inquietudine porta memorie di incontri erotici, e un legame forte, vissuto e sognato allo stesso tempo. La prosa dell’autrice slovena ha una costruzione musicale, precisa e di notevole potere evocativo. Un elemento quotidiano, ripetuto e variato, introduce i temi ricorrenti del romanzo: l’ossessione erotica, il rifiuto dell’appartenenza a una comunità, il peso opprimente del passato, la cui violenza non è stata esorcizzata.
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