Grandi manovre per piccoli movimenti nel Pd, in attesa della direzione di lunedì 20 che affronterà il punto dolente del partito, dopo la rivelazione del crollo dei tesserati e le fibrillazioni dovute alle rotture dei dissidenti, quelle già consumate (i tre senatori che non hanno votato la fiducia al governo e il quarto, Walter Tocci, che l’ha votata ma poi ha messo sul tavolo le sue dimissioni) e quelle nuove che si annunciano alla camera sul jobs act. Ad agitare le acque anche la manifestazione della Cgil il 25 ottobre, alla quale parteciperanno, con una loro piattaforma che smusserà i toni antigovernativi della piazza, alcuni dirigenti di peso delle minoranze: Pippo Civati, Gianni Cuperlo, Stefano Fassina, Alfredo D’Attorre quelli che fin qui si sono esposti. Ieri l’ex segretario Pier Luigi Bersani ha annunciato che in piazza con il sindacato non andrà: «Io faccio un altro mestiere, la Cgil fa il suo e sa come la penso, io il mio. Quello che devo fare lo faccio in altri contesti», ha spiegato da Firenze, dove presentava il libro di un altro (ex) dissidente, Vannino Chiti.

Ma il 25 ottobre sarà giornata di scontro diretto, almeno mediatico, fra grandi eventi. In quel week end Matteo Renzi ha convocato la sua quarta Leopolda, la prima ’di governo’, tre giorni senza bandiere di partito e di stretta osservanza renziana. Per parlare dal palco è necessario inviare il proprio discorso, per un vaglio preventivo da parte degli organizzatori. Come le precedenti, coordina la kermesse Maria Elena Boschi, fin qui nei panni (anzi nelle scarpe) della ’giaguara’ oggi in quelli della ministra delle riforme e dei rapporti con il parlamento.
Se Bersani fa «tanti auguri di un buon risultato per la Leopolda», ieri D’Alema ha dato fiato a una polemica che la sinistra Pd conduce in questi giorni. «Si pensa più a un partito di comitati elettorali e ci si preoccupa di organizzare iniziative di correnti piuttosto che organizzare il partito, questo è quello che mi preoccupa», ha detto alla festa dell’Unità di Ragusa.