«Non c’è nessun personalismo, non ci sono comari sul ballatoio, le differenze sono su politica e programmi»: è la risposta di Pier Luigi Bersani a Romano Prodi che, dalle colonne del Corsera, accusa la sinistra di non avere «divergenze sulla strategia e sulle politiche», a bloccare tutto sarebbero «i veti personali. Tantissimi contro Matteo Renzi ma anche quelli di Renzi contro altri». Un richiamo più severo per Mdp che per il segretario Pd. Bersani ieri era a Napoli per l’assemblea nazionale di Centro democratico che ha sancito l’adesione a Campo progressista, in vista della manifestazione indetta da Giuliano Pisapia a Roma per il primo luglio a piazza Santi Apostoli, nel luogo dove venne battezzato l’Ulivo. Ancora secondo il Corsera, il professore avrebbe suggerito all’ex sindaco di Milano di posticipare l’appuntamento, evitando così di avere «cognomi ingombranti intorno» sulla via dell’accordo con Renzi. Bersani tira dritto: «Stiamo costruendo una nuova soggettività di centrosinistra, noi con la destra non andiamo. La nostra piattaforma si rivolge anche al Pd, che deve decidere se cambiare registro o no. Il Pd si sceglie il suo segretario e andrà dove lo porta il cuore, il premier però lo scegliamo tutti insieme in una chiave di discontinuità. Sarebbe strano se fosse Renzi a interpretare la discontinuità».

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BERSANI REPLICA anche all’assemblea del Teatro Brancaccio di domenica scorsa, convocata da Tomaso Montanari e Anna Falcone, quella in cui la platea ha fischiato Miguel Gotor: «Tanti movimenti guardano con attenzione al nostro progetto. Poi ci sono spine politiche sul fronte della sinistra radicale. Io sono per parlare, trovare un modo. Parliamo di Europa? Parliamo di euro? Mettiamoci d’accordo su queste cose poi discutiamo sul resto». Ramoscello d’ulivo ma anche difesa dell’ex Ditta: «Non rinnego gli anni Novanta, quando si vinceva: volevamo il liberismo in economia ma non nella società, così il centrosinistra è andato al governo ovunque. Oggi la fase è cambiata e non si può continuare a proporre le stesse ricette, come fa Renzi, ripentendo il ritornello delle eccellenze, della flessibilità, è sempre bel tempo». Oggi la destra non è più liberista ma sovranista, nazionalista e protezionista, è il ragionamento, anche il centrosinistra deve offrire protezione difendendo il lavoro, i diritti, la sanità pubblica, un fisco che tassa i ricchi e combatte gli evasori. E sul governo Gentiloni: «Manteniamo la fiducia fino a che è possibile ma ci teniamo le mani libere sui provvedimenti».

A NAPOLI a fare gli onori di casa è il frontaman di Cd, Bruno Tabacci. La platea è gremita, i pullman hanno scaricato tesserati da tutta Italia. Le parole di Prodi non turbano l’ex Dc: «Il suo è stato un esercizio di retorica. Il Pd dice di essere autosufficiente e amato dal popolo, ne prendiamo atto e andiamo avanti per la nostra strada. Bisognerebbe liberare tutte le risorse evitando personalismi. Usiamo l’immagine di Pisapia: il suo profilo di anti-leader è una grande novità, è la persona giusta». Tabacci è stato assessore al Bilancio del comune di Milano con Pisapia sindaco, fino all’approdo in parlamento nel 2013. È lui il primo a citare Sanders e Corbyn: «Sono persone anziane che hanno ottenuto un grande successo con il consenso dei giovani».
Cd di lotta e di governo. In regione Campania sono in maggioranza con Vincenzo De Luca, il più renziano dei governatori, alle regionali hanno preso il 2,7%:

«De Luca lo abbiamo fatto vincere noi, altro che De Mita, eppure il presidente non ci consulta» si lamenta il coordinatore campano, Michele Pisacane.
Ma la geografia politica locale è complicata. A Torre Annunziata Cd appoggia Ciro Alfieri, che oggi sfida il candidato dem alle comunali. Con Alfieri c’è Forza Italia e la civica in cui sono confluiti i sostenitori del governatore. A Salerno invece Tabacci va a braccetto con Mdp, nemico del Pd deluchiano.

E SABATO PROSSIMO saranno a Roma con Pisapia, che dal palco spiega: «Dicono che non abbiamo idee e parliamo solo di astio personale, ma abbiamo oltre 300 Officine delle idee che stanno lavorando sul programma. Vogliamo un campo aperto, capace di unire anime diverse con il progetto e il programma. Non andremo mai con il centrodestra, serve discontinuità, facciamo cose di sinistra».

Al Brancaccio non c’era, ma è stato lo stesso contestato. Qui sottolinea: «Basta con l’idea che il nemico è chi ti è più vicino». A Napoli c’è anche Gianni Cuperlo che, come Andrea Orlando, cerca di tenere la bandiera della sinistra all’interno del Pd. Nel suo intervento chiede «primarie aperte per una vera leadership». Il Pd però le primarie le ha appena fatte, replica Lorenzo Guerini: «Stupisce che si cerchi di rimettere in discussione la volontà dei nostri elettori e iscritti. E se si invoca la parola unità non mi pare molto in linea assumere comportamenti opposti». Per il Pd Renzi resta il candidato premier, per chi si vuole aggiungere questa è la condizione.