La sua colpa è non essere Sinner. Cioè il predestinato, quello che anticipa i tempi, che si prende un giro di vantaggio sulla natura, sui tempi scanditi dal tennis. Soprattutto in Italia, dove l’erede di Adriano Panatta era atteso da generazioni. Ma ora che Matteo Berrettini si è guadagnato la finale di Wimbledon (sesta finale di un italiano nelle prove del Grand Slam), il suo ruolo di secondo violino del tennis italiano, alle spalle appunto del giovane Sinner, va assolutamente rivisto. Si gioca la Coppa a quasi 26 anni (contro il solito Djokovic, a caccia del 21esimo torneo dello Slam) Berrettini dopo un torneo senza passi falsi compreso la semifinale con il polacco Hurkacz. E sempre a Londra, a qualche chilometro di distanza e poche ore prima dell’Italia di Mancini contro i seguaci di Sua Maestà. E come la nazionale italiana, è arrivato in finale senza gli iniziali favori del pronostico. Ovvio, era presente il meglio del materiale in circolazione, escluso Nadal, che per concedere tregua alle sue ginocchia, ha rinunciato pure ai Giochi di Tokyo 2020. Ma anche Berrettini fa parte del giro dei migliori. Si trova tra i primi dieci tennisti al mondo da un paio di anni.

MA ORA E’ QUESTO lo scatto richiesto, non solo a lui, ma anche agli appassionati del tennis. Considerarlo un campione: nel 2021, ottavi di finale all’Australian Open e ritiro per problemi agli addominali, quarti di finale al Roland Garros e sconfitta di qualità contro Djokovic, sino alla finale davanti a qualcuno dei reali d’Inghilterra, in attesa di sapere chi sarà al tennis, chi a Wembley. Con Federer che cede, a 40 anni, al Tempo che prima o poi batte anche i migliori di sempre, tra i dolori di Nadal che resta padrone della terra rossa, in attesa di segnali di cedimento di Djokovic, Berrettini è ormai parte di un manipolo di audaci, da Tsitsipas a Zverev, meno Medvedev e Shapovalov, che potrebbe prendersi il trono. Partendo da oggi, se dovesse vincere il torneo della regina, che resta quello più glorioso e importante del lotto, perché spesso è l’erba londinese a marcare la differenza tra quelli buoni, i campioni e i fuoriclasse. Dunque, sul trono, forse per qualche mese, forse di più, prima dell’epifania del  prossimo predestinato, anche se un altro Federer (ma anche Nadal e Djokovic) all’orizzonte proprio non c’è. E non lo è al momento neppure Jannik Sinner, che a 20 anni in Italia e in Europa ha già fatto girare molte teste, che ora forse vive una piccola crisi (e non si capisce perché abbia rifiutato la convocazione ai Giochi nipponici) e che forse arriverà anche a vincere prove del Grand Slam perché il talento e l’attitudine sono di primo livello. Ma non è Berrettini, forte, solido, costante, compatibile a tutte le superfici e che colpisce forte, piatto. Non senza sfumature.