Assesta un altro colpo alla concorrenza Bernal nella tappa che culmina a Cortina. Quello che avrebbe dovuto essere il tappone è ridotto a tappino dalla scelta dell’organizzazione, che causa freddo e pioggia elimina Fedaia e Pordoi dopo la partenza da Sacile: una decisione che si rivelerà a fine giornata senza padri. La delusione degli aficionados accampati su in montagna è evidente.

Sta diventando una spiacevole abitudine qui al Giro assistere al dimezzamento delle tappe-simbolo, a scapito dell’epica. Si transitava nella prima parte del percorso dalle strade di casa Bottecchia, l’invito è a rileggere le pagine che Claudio Gregori ha dedicato alle sue imprese al Tour degli anni ’20. Torna in mente anche Gaul che doma la tormenta sul Bondone, o l’eroica scalata al Gavia innevato. Altri tempi, si dirà. Vero: si correva su biciclette di 20 kg, con magliette di lana impregnate di pioggia o di polvere, ci si sfamava in corsa con polli arrosto e vino rosso.

L’impressione è che la cura maniacale con la quale si seguono i dettagli tecnici e le diete creino macchine perfette per correre solo in condizioni standard. Ciò che resta della tappa si sviluppa con l’attacco di un plotoncino scremato da Izagirre, Pedrero, Nibali, Formolo, Almeida e Gebreigzabhier. Per un tacito do ut des in corsa – noi vi facilitiamo la tappa, ma voi ci garantite la zuffa tra i migliori sul Giau, unico colle sopravvissuto – il gruppo non lascia però spazio. Nella vallata prima dell’ascesa finale si disperde definitivamente Evenepoel, mentre sulle prime rampe del Giau è Vlasov a cedere per una mantellina beffarda che gli si infila tra le ruote. A metà salita Bernal decide di rompere gli indugi, c’è da guadagnare sui rivali e da onorare, per quanto è ormai possibile, la corsa.

Si sfila subito Yates, resistono nell’ordine Caruso, Bardet, Carthy e Ciccone. La tanto temuta discesa serve a rimettere ordine tra gli inseguitori, con Bardet che sfrutta la sua maggiore abilità e brucia Caruso allo sprint dei battuti. Davanti Bernal ha già avuto occasione, tra le strade del centro di Cortina, di perdere secondi preziosi per sfilarsi l’impermeabile e mostrare gioioso al pubblico la rosa fiammante.

Sceso di bicicletta ha occhi solo per la sua Maria Fernanda. Più tardi, a ruote ferme, lui che ha fatto tutto questo numero più per lo spettacolo che per il mezzo minutino guadagnato, aggiunge che sarebbe stato bello, lo spettacolo, prolungarlo per tutto il percorso originario. È bello che il simbolo del primato sia indossato da chi ha tanto rispetto per il ciclismo, la sua storia e la sua gente.