C’era una volta il vertice del Polo. Chi ricorda il Berlusconi degli anni ruggenti sa che si trattava di vere assemblee, con il salone fitto di leader in rappresentanza di un’area politica tanto vasta quanto disomogenea: andava dalla destra fascisteggiante di Francesco Storace all’antica sinistra Dc di Beppe Pisanu, ed era il segreto dei successi dell’ex Cavaliere.

Il nuovo vertice del centrodestra italiano si è riunito per la prima volta al gran completo ieri a palazzo Grazioli, e il paragone dice tutto sulla mesta decadenza di quell’impero politico. Con l’ospite c’erano solo la sorella d’Italia Giorgia Meloni e l’ex «comunista padano» convertito al lepenismo duro Matteo Salvini, in rappresentanza di una platea in cui la parte del moderatissimo tocca a Berlusconi Silvio, il che è tutto dire. Una formazione di destra radicale, che col moderatismo grazie al quale il partito azzurro faceva il pieno di voti non ha più nulla a che spartire
Si doveva parlare di candidati alle amministrative, e solo di questo si è parlato. Facendo i nomi, pur se ancora in via solo ipotetica. Ma prima andava chiarito che i futuri alleati marceranno uniti ovunque, anche se alla lista unitaria si arriverà solo alle politiche, quando la legge elettorale, salvo modifiche, la renderà obbligatoria. Sul particolare insiste particolarmente Salvini, che intende usare le amministrative per verificare in voti sonanti la primazia della sua Lega.

Quanto ai nomi, la coppia fascioleghista mette il veto alla candidatura romana sulla quale l’ex monarca aveva già messo il cuoricino, quella di Alfio Marchini. Una speranza Berlusconi forse ancora la conserva, ma pallidissima. Il cedimento al diktat degli alleati svela quale sarà la natura del nuovo centrodestra, e chi ne deciderà la rotta. Anche perché il candidato che il capo di Fi vuole schierare a Milano, il direttore del Giornale Alessandro Sallusti, pare fatto apposta per incontrare il gradimento degli agguerriti soci. Contro Sala, probabile candidato di centrosinistra studiato per ramazzare voti di destra, il bellicoso direttore avrebbe poche chances (per questo non è detto che accetti), ma la sua candidatura servirebbe a caratterizzare a fondo la nuova destra e ad aprire le danze in vista delle politiche, ma soprattutto a competere con la Lega. A Roma il dado non è tratto. In teoria il trio è in cerca di un candidato forte, ma qualcuno più forte della Meloni non sarà facile individuarlo. Lei ha offerto la sua disponibilità, sia pure «con qualche garanzia», non meglio precisata.

A Bologna correrà quasi certamente la leghista Lucia Bergonzoni. Una scelta astuta: se perde bene è già un successo, se vince nella capitale rossa è una rivoluzione. A Torino resta in pole position l’azzurro Osvaldo Napoli, tallonato dal notaio Alberto Morano. A Napoli tenterà la sorte per la seconda volta l’industriale Gianni Lettieri, sconfitto nel 2011 da Luigi De Magistris.
Comunque vada a finire, quella che si apre sarà probabilmente l’ultima battaglia politica di Berlusconi. La combatterà, per la prima volta, nei panni dell’alleato e non del leader e con una destra priva di orpelli moderati.