Il secondo incontro ci sarà. Berlusconi ci tiene troppo perché Renzi possa negarglielo, soprattutto dopo che l’ex cavaliere, lunedì sera, ha bruscamente sterzato, smentendo sulle riforme non solo Renato Brunetta ma anche se stesso. Il comunicato diffuso dopo la telefonata con il premier, in effetti, equivale a una resa: Fi molla infatti la presa sulla sola richiesta che per Renzi non è trattabile, il Senato elettivo.

L’incontro ci sarà, però non si sa ancora quando, e soprattutto con quale coreografia. Ieri per tutto il giorno i ri-alleati hanno trattato proprio su questo punto. Berlusconi vorrebbe un vertice annunciato in anticipo e con tutta la scenografia del caso, cronisti, ressa di telecamere, passanti a spintonarsi. In parte spera che una messa in scena degna del padre della patria gli dia una mano nel Tribunale di sorveglianza di Milano, ma ancor di più mira a sottolineare che la riforma istituzionale non è solo una medaglia sul petto dell’ex sindaco ma è a pari merito sua. Renzi però sa bene quanto poco una parte del suo elettorato gradisca gli abbracci con il pregiudicato. Quindi insiste per un incontro in sordina. Non segreto, ma reso pubblico solo a cose fatte. Le considerazioni propagandistiche pesano anche sulla data. Berlusconi vuole che il meeting sia fissato proprio mentre i giudici decidono sulla sua situazione, soprattutto per “coprire” mediaticamente la notizia giudiziaria con il fragore di quella politica. Il tira e molla prosegue, e le voci che indicano in venerdì 11 il giorno giusto sono pertanto passibili di clamorose smentite.

Ma questo, in fondo, conta poco. L’importante è che Berlusconi ha deciso di dare il via libera alla riforma, anche se con correzioni serie, necessarie per dimostrare che il testo è anche figlio suo. Dunque via i 21 senatori nominati dal capo dello stato, da rivedere il meccanismo di nomina da parte di comuni e regioni, ma nessuna insistenza né sul varo immediato dell’Italicum né sull’elezione diretta dei Senatori. Semaforo verde. Una parte cospicua dei senatori, ammette il capogruppo Romani, storce il naso. Ma la scelta sembra fatta. Lo fa capire Toti: chiede sì grandi cambiamenti, ma assicura che sulle riforme Fi non parteciperà a «maggioranza alternative».

Certo, l’ex cav può ancora cambiare idea. Potrebbe spingerlo in quella direzione una decisione particolarmente rigida del Tribunale di sorveglianza. Però le indiscrezioni riportate ieri da Avvenire confortano l’ottimismo di Renzi. Il condannato verrebbe affidato ai servizi sociali con obbligo di prestare servizio in una casa di riposo per anziani disabili vicina ad Arcore, un solo giorno alla settimana, di mattina o pomeriggio a scelta. Per il resto avrebbe libertà di movimento durante il giorno, con obbligo di restare a casa dalle 23 alle 6 del mattino. Di lusso. Il quotidiano non dice niente in merito alla famosa “agibilità politica”, le restrizioni che il tribunale potrebbero stabilire. Il punto è importante, tanto più che proprio ieri la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha respinto la richiesta di rendere possibile la candidatura del futuro affidato. Però se davvero i giudici saranno di manica larga sulla libertà personale sarà comunque un punto fondamentale a favore della distensione. Lo resterebbe anche qualora si mostrassero più severi sul fronte della propaganda politica.
In realtà c’è un secondo punto interrogativo. L’esito delle europee potrebbe dimostrare a Berlusconi che l’Italicum non è più una legge che lo avvantaggia. Se Grillo lo superasse di parecchio, neppure il progetto di una coalizione con tutte le forze della destra gli garantirebbe più di arrivare almeno secondo. Allora salterebbe tutto. Proprio per questo Renzi farà il possibile per strappare il primo sì alla riforma entro il 25 maggio.