Ieri un editoriale del Foglio sulla sentenza nel caso Ruby, lanciava un appello che è tutto nel titolo: «Il Cav. e il silenzio dei garantisti. Il garantismo è di sinistra, bisogna solo trovare la voce per farsi sentire». Senza accampare un titolo autocertificato di garantista e di sinistra, vorrei provare a commentare, per quanto è possibile, una sentenza che non ho letto perché non c’è – né per la stessa ragione ha potuto leggerla l’editorialista del Foglio.

Dal dispositivo, comunque, si intuisce che il Tribunale di Milano ha creduto all’ipotesi accusatoria dei pubblici ministeri e al relativo supporto testimoniale, mentre non ha creduto alla difesa e ai testi da questa presentati, inviando gli atti del dibattimento alla procura per valutarne la eventuale falsità o reticenza. Il Foglio ci dice che la sentenza si basa su un evidente pregiudizio colpevolista al punto da considerare false tutte le testimonianze pro reo per non tenerne conto. Aggiunge che non esistono altri casi di concussione senza concussi o di prostituzione senza prostitute, aderendo in pieno alle tesi della difesa riproposte anche dalla stampa e dalle reti televisive vicine all’imputato (Silvio Berlusconi naturalmente), così dando ovviamente per scontato, specularmente, la veridicità dei testi della difesa e la non credibilità di quelli dell’accusa: una tesi che, quanto a garantismo, non è messa proprio bene.

Certo bisognerà leggerla la sentenza per comprendere il perché delle scelte del Tribunale, ma una cosa è abbastanza chiara: una testimonianza non è attendibile o meno in sé, ma va letta in relazione a tutte le altre e a tutto il materiale probatorio, comprese le intercettazioni, le dichiarazioni rese in istruttoria, l’eventuale interesse del teste a favorire o a danneggiare l’imputato o se stesso, ed altro ancora. Non basta che Ruby dica di non aver fatto sesso con il Cavaliere perché cada l’accusa di prostituzione, né che i funzionari della Questura di Milano dicano di aver agito senza nessun condizionamento perché cada l’accusa di concussione.

Aspettiamo le motivazioni prima di sollevare sospetti di pregiudizio, altrimenti la cieca fiducia nella bontà dei testi dell’una o dell’altra parte, da chiunque provenga, sarà sempre etichettabile come pregiudizio. Berlusconi è innocente fino alla sentenza definitiva: dichiararlo tale o ritenerlo colpevole prima dell’accertamento finale è contrario a qualunque regola del garantismo. Una cosa buona, però, nell’editoriale del Foglio c’è, perché manca: l’imputare alla condanna inflitta dal Tribunale di Milano il mancato riconoscimento dei meriti politici del Cavaliere e dei suoi sacrifici per il bene del Paese.
L’implicita riaffermazione della divisione dei poteri e dei compiti che, rispettivamente, competono alla giurisdizione e alla politica, sembra ancora valida anche per il Foglio: meno male!